1974. Giallo a Monza
Letto con gli articoli originali de "La Stampa" un caso che scosse la Brianza. Aprile 1974: il "servizio" su di un orefice barbaramente ucciso durante un tentativo di rapina in Via Italia. A novembre, però, la svolta clamorosa e inattesa. Ecco il racconto in diretta di un vero e proprio giallo di provincia. In fondo è la storia di una borghesia smarrita, dipinta sulla carta della cronaca da una scrittura morta con la fine degli inchiostri a piombo.
I rapinatori scoperti a rubare da un orefice lo massacrano con una spranga.
Aveva 83 anni - I banditi entrano nell'alloggio mentre lui è a Messa - Stordiscono il figlio e incominciano ad aprire cassetti ed armadi - Quando l'anziano gioielliere rientra in casa lo immobilizzano e lo percuotono finché cade a terra - Prima di scappare si sono impadroniti di gioielli per quattro-cinque milioni di lire
Monza, 7 aprile. Cinque banditi hanno ucciso un orefice di 83 anni, stamane a Monza, colpendolo al capo con spranghe di ferro. Hanno anche ferito gravemente suo figlio. Erano entrati nell'alloggio del gioielliere, attiguo al negozio, probabilmente per cercare le chiavi della cassaforte. Sono stati sorpresi dal giovane, e lo hanno stordito e legato con un lenzuolo. Poco dopo è entrato nella stanza anche l'anziano orefice. I cinque lo hanno colpito fino ad ucciderlo. Hanno poi preso gioielli per 4-5 milioni, e sono fuggiti. Attilio Villa, 83 anni, abitava al primo piano di una villetta in via Italia 15, con il figlio, Antonio, di 26 anni. Un'altra figlia, Vittoria, di 42 anni, sposata con un ingegnere, abita in via Passerini, a circa 200 metri dalla casa del padre. Il negozio è al piano terreno della villetta; una scala a chiocciola lo collega con l'alloggio al piano superiore. Via Italia è nel centro storico di Monza, nel pieno di una vasta zona che la domenica è completamente chiusa al traffico perché è in corso un esperimento per trasformarla in un'isola pedonale. Quindi i banditi devono essere arrivati alla casa dei Villa a piedi, dopo aver lasciato l'auto molto lontano. Stamane poco prima delle 8, Attilio Villa esce di casa per andare a messa al Duomo. Non chiude a chiave né la porta né il portone, perché nell'alloggio è rimasto il figlio Antonio, che dorme ancora. Faceva cosi ogni domenica mattina, e i banditi dovevano saperlo. Aspettano infatti che l'anziano orefice esca, poi entrano in casa. Antonio Villa sente il rumore dei passi sulle scale e si alza. I cinque lo affrontano. Pare che il giovane tenti di prendere un fucile, ma i banditi non gliene danno il tempo. Uno lo colpisce al capo con una sbarra di ferro, stordendolo. I malviventi lo mettono sul letto, strappano un lenzuolo a strisce per farne delle corde, lo legano, lo imbavagliano e gli mettono un cuscino sotto il capo. Incominciano a cercare in tutto l'alloggio, ma non riescono a trovare le chiavi della cassaforte. Si dividono in due gruppi: alcuni continuano a ispezionare in ogni angolo, mentre gli altri scendono nel negozio per prendere tutto quello che trovano. Evidentemente hanno sbagliato a calcolare i tempi, e Attilio Villa rientra prima del previsto. Li sorprende mentre aprono cassetti e armadi, ma i malviventi non gli danno neppure il tempo di gridare. Lo aggrediscono colpendolo come il figlio, con spranghe di ferro al capo. Ma su di lui infieriscono, brutalmente, finché lo vedono cadere a terra privo di sensi. Scendono poi nel negozio e di qui escono in strada portando via alcuni gioielli per un valore di circa 4-5 milioni. Si mescolano ai passanti e riescono a fuggire senza destare il minimo sospetto. Intanto nell'alloggio, Antonio Villa vede il padre steso sul pavimento, sanguinante. Riesce ad allentare i lacci che gli legano le mani e a liberarsi. Si affaccia alla finestra e chiede aiuto. E' sotto choc, parla coprendosi la bocca con uno straccio bagnato di sangue, e piangendo. La proprietaria di un negozio di dolci vicino alla gioielleria, Adelaide Carpani, di 61 anni, ferma un passante dicendogli di avvertire la polizia. Un'ambulanza porta Attilio Villa all'ospedale, ma l'anziano orefice non ha resistito ai colpi dei banditi e muore durante il percorso. S'iniziano le indagini che, però, finora non hanno dato risultati. I banditi dovevano conoscere bene le abitudini della famiglia, probabilmente l'hanno «studiata» a lungo prima di decidere il colpo. Sapevano esattamente come era diviso l'alloggio, il negozio e hanno agito con sicurezza. L'oreficeria di Attilio Villa era già stata svaligiata qualche tempo fa. Anche allora i malviventi erano stati disturbati ed erano stati costretti a scappare con un magro bottino. Gli inquirenti non escludono che i banditi siano gli stessi che hanno voluto ritentare il colpo.
Monza, 7 aprile. Cinque banditi hanno ucciso un orefice di 83 anni, stamane a Monza, colpendolo al capo con spranghe di ferro. Hanno anche ferito gravemente suo figlio. Erano entrati nell'alloggio del gioielliere, attiguo al negozio, probabilmente per cercare le chiavi della cassaforte. Sono stati sorpresi dal giovane, e lo hanno stordito e legato con un lenzuolo. Poco dopo è entrato nella stanza anche l'anziano orefice. I cinque lo hanno colpito fino ad ucciderlo. Hanno poi preso gioielli per 4-5 milioni, e sono fuggiti. Attilio Villa, 83 anni, abitava al primo piano di una villetta in via Italia 15, con il figlio, Antonio, di 26 anni. Un'altra figlia, Vittoria, di 42 anni, sposata con un ingegnere, abita in via Passerini, a circa 200 metri dalla casa del padre. Il negozio è al piano terreno della villetta; una scala a chiocciola lo collega con l'alloggio al piano superiore. Via Italia è nel centro storico di Monza, nel pieno di una vasta zona che la domenica è completamente chiusa al traffico perché è in corso un esperimento per trasformarla in un'isola pedonale. Quindi i banditi devono essere arrivati alla casa dei Villa a piedi, dopo aver lasciato l'auto molto lontano. Stamane poco prima delle 8, Attilio Villa esce di casa per andare a messa al Duomo. Non chiude a chiave né la porta né il portone, perché nell'alloggio è rimasto il figlio Antonio, che dorme ancora. Faceva cosi ogni domenica mattina, e i banditi dovevano saperlo. Aspettano infatti che l'anziano orefice esca, poi entrano in casa. Antonio Villa sente il rumore dei passi sulle scale e si alza. I cinque lo affrontano. Pare che il giovane tenti di prendere un fucile, ma i banditi non gliene danno il tempo. Uno lo colpisce al capo con una sbarra di ferro, stordendolo. I malviventi lo mettono sul letto, strappano un lenzuolo a strisce per farne delle corde, lo legano, lo imbavagliano e gli mettono un cuscino sotto il capo. Incominciano a cercare in tutto l'alloggio, ma non riescono a trovare le chiavi della cassaforte. Si dividono in due gruppi: alcuni continuano a ispezionare in ogni angolo, mentre gli altri scendono nel negozio per prendere tutto quello che trovano. Evidentemente hanno sbagliato a calcolare i tempi, e Attilio Villa rientra prima del previsto. Li sorprende mentre aprono cassetti e armadi, ma i malviventi non gli danno neppure il tempo di gridare. Lo aggrediscono colpendolo come il figlio, con spranghe di ferro al capo. Ma su di lui infieriscono, brutalmente, finché lo vedono cadere a terra privo di sensi. Scendono poi nel negozio e di qui escono in strada portando via alcuni gioielli per un valore di circa 4-5 milioni. Si mescolano ai passanti e riescono a fuggire senza destare il minimo sospetto. Intanto nell'alloggio, Antonio Villa vede il padre steso sul pavimento, sanguinante. Riesce ad allentare i lacci che gli legano le mani e a liberarsi. Si affaccia alla finestra e chiede aiuto. E' sotto choc, parla coprendosi la bocca con uno straccio bagnato di sangue, e piangendo. La proprietaria di un negozio di dolci vicino alla gioielleria, Adelaide Carpani, di 61 anni, ferma un passante dicendogli di avvertire la polizia. Un'ambulanza porta Attilio Villa all'ospedale, ma l'anziano orefice non ha resistito ai colpi dei banditi e muore durante il percorso. S'iniziano le indagini che, però, finora non hanno dato risultati. I banditi dovevano conoscere bene le abitudini della famiglia, probabilmente l'hanno «studiata» a lungo prima di decidere il colpo. Sapevano esattamente come era diviso l'alloggio, il negozio e hanno agito con sicurezza. L'oreficeria di Attilio Villa era già stata svaligiata qualche tempo fa. Anche allora i malviventi erano stati disturbati ed erano stati costretti a scappare con un magro bottino. Gli inquirenti non escludono che i banditi siano gli stessi che hanno voluto ritentare il colpo.
Colpo di scena nelle indagini Monza: l'orefice ucciso dal figlio
Il
giovane aveva raccontato che il padre era stato assalito in casa dai
rapinatori -
Monza, 11 novembre. Colpo di scena nelle indagini per l'omicidio dell'orefice Attilio Villa di 84 anni massacrato il 7 aprile scorso a colpi di bottiglia e quindi strangolato nella sua abitazione di via Italia a Monza. Il sostituto procuratore della Repubblica dottor Giuseppe La Mattina ha emesso questo pomeriggio un ordine di cattura per omicidio volontario aggravato e simulazione di reato nei confronti del figlio Antonio Villa di 26 anni. Il giovane è stato arrestato questa sera in un istituto assistenziale di Carate Brianza. Secondo il magistrato che ha emesso l'ordine di cattura Antonio Villa sarebbe l'unico responsabile del delitto. Il giovane aveva raccontato ai carabinieri che il padre era stato ucciso da una banda di ladri penetrati nella sua abitazione per svaligiare la cassaforte. «Io mi trovavo ancora a letto — disse il giovane — mio padre era uscito da poco per recarsi in chiesa. Improvvisamente erano entrati degli sconosciuti i quali dopo avermi percosso mi avevano legato al letto. Quando entrò mio padre lo assalirono». L'anziano orefice infatti era stato aggredito subito dopo il suo rientro a casa: colpito alla testa con una fiaschetta piena d'acqua di Lourdes era stato poi strangolato con delle strisce di lenzuolo. L'allarme era stato dato più tardi dallo stesso figlio dell'orefice. La scena che si presentò ai carabinieri quando entrarono nell'apparta mento era raccapricciante. Attilio Villa era steso a terra e chiazze di sangue erano dappertutto sui mobili sulle pareti e persino sul soffitto. La tesi dell'omicidio a scopo di rapina non convinse gli inquirenti i quali accertarono innanzitutto che dal negozio sottostante all'abitazione, al quale si accede tramite una scala interna, non era stato rubato niente. I sospetti del magistrato, pertanto, si erano subito appuntati sul figlio Antonio, unico presente in casa al momento del delitto e le cui dichiarazioni mutavano in continuazione diventando sempre più confuse anche per la particolare situazione psichica in cui il giovane si trovava al momento del delitto.
Monza, 11 novembre. Colpo di scena nelle indagini per l'omicidio dell'orefice Attilio Villa di 84 anni massacrato il 7 aprile scorso a colpi di bottiglia e quindi strangolato nella sua abitazione di via Italia a Monza. Il sostituto procuratore della Repubblica dottor Giuseppe La Mattina ha emesso questo pomeriggio un ordine di cattura per omicidio volontario aggravato e simulazione di reato nei confronti del figlio Antonio Villa di 26 anni. Il giovane è stato arrestato questa sera in un istituto assistenziale di Carate Brianza. Secondo il magistrato che ha emesso l'ordine di cattura Antonio Villa sarebbe l'unico responsabile del delitto. Il giovane aveva raccontato ai carabinieri che il padre era stato ucciso da una banda di ladri penetrati nella sua abitazione per svaligiare la cassaforte. «Io mi trovavo ancora a letto — disse il giovane — mio padre era uscito da poco per recarsi in chiesa. Improvvisamente erano entrati degli sconosciuti i quali dopo avermi percosso mi avevano legato al letto. Quando entrò mio padre lo assalirono». L'anziano orefice infatti era stato aggredito subito dopo il suo rientro a casa: colpito alla testa con una fiaschetta piena d'acqua di Lourdes era stato poi strangolato con delle strisce di lenzuolo. L'allarme era stato dato più tardi dallo stesso figlio dell'orefice. La scena che si presentò ai carabinieri quando entrarono nell'apparta mento era raccapricciante. Attilio Villa era steso a terra e chiazze di sangue erano dappertutto sui mobili sulle pareti e persino sul soffitto. La tesi dell'omicidio a scopo di rapina non convinse gli inquirenti i quali accertarono innanzitutto che dal negozio sottostante all'abitazione, al quale si accede tramite una scala interna, non era stato rubato niente. I sospetti del magistrato, pertanto, si erano subito appuntati sul figlio Antonio, unico presente in casa al momento del delitto e le cui dichiarazioni mutavano in continuazione diventando sempre più confuse anche per la particolare situazione psichica in cui il giovane si trovava al momento del delitto.