Cesano M.: l'orgoglio della città per il talentuoso direttore Michele Spotti
Nei suoi gesti, nel suo stile, nelle sue espressioni si nota la determinazione. Unita a una buona dose di umiltà, che forse gli ha proprio permesso di diventare già grande sebbene all'inizio della carriera.
Michele Spotti, concittadino di ventuno anni, si è da poco diplomato in direzione d'orchestra al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Milano, lasciando un segno del suo passaggio nel percorso di studi: con lui sono soltanto quattro le persone uscite dalla prestigiosa e stori...
Nei suoi gesti, nel suo stile, nelle sue espressioni si nota la determinazione. Unita a una buona dose di umiltà, che forse gli ha proprio permesso di diventare già grande sebbene all'inizio della carriera.
Michele Spotti, concittadino di ventuno anni, si è da poco diplomato in direzione d'orchestra al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Milano, lasciando un segno del suo passaggio nel percorso di studi: con lui sono soltanto quattro le persone uscite dalla prestigiosa e storica istituzione meneghina che possono vantare un diploma in direzione d'orchestra ottenuto con il massimo dei voti. Lui non lo dice, non è nel suo carattere. Lo dicono però gli altri cesanesi al suo posto, orgogliosi di avere un giovane concittadino di talento in un campo tutto sommato inusuale per la realtà brianzola. "Fin da piccolo - racconta Spotti - sognavo di fare il direttore d'orchestra. Mi sono avvicinato alla musica quando avevo tre anni grazie alla nonna Annamaria (a sua volta musicista) e alla mamma. Il mio primo strumento? Volevo il violoncello, ma a tre anni avevo le mani troppo piccole per poterlo suonare. Mi sono dovuto accontentare del violino". Non è stato un capriccio, nemmeno uno sfizio giovanile: il violino l'ha portato al primo diploma al Conservatorio nel 2011, anche se aveva ben chiaro che sarebbe stata soltanto una tappa di passaggio in vista della direzione d'orchestra. "Forse - aggiunge ridendo - perché fin da piccolo sono stato una persona autoritaria, cosa che mi è costata anche qualche scappellotto salutare. In realtà la direzione mi fa sentire più completo avendo il controllo sulla totalità della musica e, nel rispetto del compositore e della partitura, offre la possibilità di interpretarla". Come tutti i ragazzi durante il suo percorso formativo si è chiesto se stava facendo la scelta giusta o se era meglio indirizzarsi verso altre strade. "Ho avuto però la fortuna di incontrare persone incredibili che mi hanno fatto decidere definitivamente di dedicarmi alla musica. In modo particolare sarò sempre grato al maestro
Stefano Lazzoni che mi ha trasmesso non solo entusiasmo ma anche nozioni importanti e mi ha fatto gradire la musica in tutti i suoi aspetti". Due i suoi modelli nella direzione d'orchestra. "Ho molta ammirazione per
Arturo Toscanini, per il suo gusto e per il risultato sonoro, ma anche per
Carlos Kleiber e la sua capacità di trasmettere il gesto agli orchestrali. E poi ho un debole per
Riccardo Muti. Ho avuto l'occasione di lavorare con lui, io nei panni di violinista, ha una notevole capacità di calamitare l'attenzione con grande charme". Compito forse ancora un po' difficile per lui che, malgrado il talento, deve fare i conti con orchestrali che all'anagrafe hanno una quarantina d'anni in più e che non sempre capiscono il ruolo di un direttore più giovane. "E' vero - confessa - succede anche questo, ma è una palestra di vita. La direzione d'orchestra insegna anche questo. Del resto è una sfida costante, dover capire nei primi 10 minuti chi si ha di fronte e come saperlo prendere nel modo migliore. Affascinante".
Nella musica sinfonica predilige Beethoven e Brahms: "Ma sono profondamente appassionato dell'opera, a cui mi ha avvicinato il maestro
Daniele Agiman, e pertanto stimo Giuseppe Verdi per la sua capacità di trasformare le situazioni più semplici in arte". Sabato 13 ha diretto un concerto in città, musiche di Pergolesi, nella Sala dei Fasti romani di Palazzo Arese Borromeo. Il prossimo impegno è per domani, venerdì 19 settembre, nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano con i "Pomeriggi Musicali". In programma "Le creature di Prometeo" di Beethoven e il terzo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven. Con lui un altro talento, il diciassettenne
Francesco Granata al pianoforte. "Devo molto alla mia famiglia - conclude Spotti - prima di tutto perché mi ha avvicinato alla musica, poi mi ha incoraggiato e sostenuto. La famiglia per me è stata fondamentale. Anche la mia ragazza, che studia violoncello, è una figura importante e da musicista mi sa capire nei momenti difficili e aiutare nel modo migliore. Gli amici? Quelli ci sono sempre. Quando possono vengono anche a seguirmi ai concerti. E hanno un gran pregio: sebbene l'ambiente della musica classica sia molto formale, un po' insolito, mi fanno sempre sentire una persona normale che vive la realtà quotidiana come qualsiasi ragazzo di ventuno anni". Una dimostrazione l'abbiamo avuta sabato pomeriggio, quando all'improvviso su Facebook ci è comparsa una fotografia: il direttore d'orchestra Michele Spotti, ancora in jeans e polo, che pubblica un "selfie" (un autoscatto, ndr) con gli altri musicisti prima del concerto. Proviamo ammirazione per il suo talento, ma ci piace notare che è un ragazzo che vive i suoi ventuno anni come i suoi coetanei. Con determinazione, ma anche con allegria.
Michele Spotti, concittadino di ventuno anni, si è da poco diplomato in direzione d'orchestra al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Milano, lasciando un segno del suo passaggio nel percorso di studi: con lui sono soltanto quattro le persone uscite dalla prestigiosa e storica istituzione meneghina che possono vantare un diploma in direzione d'orchestra ottenuto con il massimo dei voti. Lui non lo dice, non è nel suo carattere. Lo dicono però gli altri cesanesi al suo posto, orgogliosi di avere un giovane concittadino di talento in un campo tutto sommato inusuale per la realtà brianzola. "Fin da piccolo - racconta Spotti - sognavo di fare il direttore d'orchestra. Mi sono avvicinato alla musica quando avevo tre anni grazie alla nonna Annamaria (a sua volta musicista) e alla mamma. Il mio primo strumento? Volevo il violoncello, ma a tre anni avevo le mani troppo piccole per poterlo suonare. Mi sono dovuto accontentare del violino". Non è stato un capriccio, nemmeno uno sfizio giovanile: il violino l'ha portato al primo diploma al Conservatorio nel 2011, anche se aveva ben chiaro che sarebbe stata soltanto una tappa di passaggio in vista della direzione d'orchestra. "Forse - aggiunge ridendo - perché fin da piccolo sono stato una persona autoritaria, cosa che mi è costata anche qualche scappellotto salutare. In realtà la direzione mi fa sentire più completo avendo il controllo sulla totalità della musica e, nel rispetto del compositore e della partitura, offre la possibilità di interpretarla". Come tutti i ragazzi durante il suo percorso formativo si è chiesto se stava facendo la scelta giusta o se era meglio indirizzarsi verso altre strade. "Ho avuto però la fortuna di incontrare persone incredibili che mi hanno fatto decidere definitivamente di dedicarmi alla musica. In modo particolare sarò sempre grato al maestro
Stefano Lazzoni che mi ha trasmesso non solo entusiasmo ma anche nozioni importanti e mi ha fatto gradire la musica in tutti i suoi aspetti". Due i suoi modelli nella direzione d'orchestra. "Ho molta ammirazione per
Arturo Toscanini, per il suo gusto e per il risultato sonoro, ma anche per
Carlos Kleiber e la sua capacità di trasmettere il gesto agli orchestrali. E poi ho un debole per
Riccardo Muti. Ho avuto l'occasione di lavorare con lui, io nei panni di violinista, ha una notevole capacità di calamitare l'attenzione con grande charme". Compito forse ancora un po' difficile per lui che, malgrado il talento, deve fare i conti con orchestrali che all'anagrafe hanno una quarantina d'anni in più e che non sempre capiscono il ruolo di un direttore più giovane. "E' vero - confessa - succede anche questo, ma è una palestra di vita. La direzione d'orchestra insegna anche questo. Del resto è una sfida costante, dover capire nei primi 10 minuti chi si ha di fronte e come saperlo prendere nel modo migliore. Affascinante".
Nella musica sinfonica predilige Beethoven e Brahms: "Ma sono profondamente appassionato dell'opera, a cui mi ha avvicinato il maestro
Daniele Agiman, e pertanto stimo Giuseppe Verdi per la sua capacità di trasformare le situazioni più semplici in arte". Sabato 13 ha diretto un concerto in città, musiche di Pergolesi, nella Sala dei Fasti romani di Palazzo Arese Borromeo. Il prossimo impegno è per domani, venerdì 19 settembre, nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano con i "Pomeriggi Musicali". In programma "Le creature di Prometeo" di Beethoven e il terzo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven. Con lui un altro talento, il diciassettenne
Francesco Granata al pianoforte. "Devo molto alla mia famiglia - conclude Spotti - prima di tutto perché mi ha avvicinato alla musica, poi mi ha incoraggiato e sostenuto. La famiglia per me è stata fondamentale. Anche la mia ragazza, che studia violoncello, è una figura importante e da musicista mi sa capire nei momenti difficili e aiutare nel modo migliore. Gli amici? Quelli ci sono sempre. Quando possono vengono anche a seguirmi ai concerti. E hanno un gran pregio: sebbene l'ambiente della musica classica sia molto formale, un po' insolito, mi fanno sempre sentire una persona normale che vive la realtà quotidiana come qualsiasi ragazzo di ventuno anni". Una dimostrazione l'abbiamo avuta sabato pomeriggio, quando all'improvviso su Facebook ci è comparsa una fotografia: il direttore d'orchestra Michele Spotti, ancora in jeans e polo, che pubblica un "selfie" (un autoscatto, ndr) con gli altri musicisti prima del concerto. Proviamo ammirazione per il suo talento, ma ci piace notare che è un ragazzo che vive i suoi ventuno anni come i suoi coetanei. Con determinazione, ma anche con allegria.