Seveso e diossina, Carro scrive al ministro: "Danneggiati, ingannati e condannati"
L'ultima sentenza, quella della Cassazione che stabilisce che i sevesini non hanno diritto ad alcun risarcimento per la diossina, ha lasciato il segno. Accolta prima con stupore, poi con indignazione da parte di molti di cittadini. Tra questi, naturalmente, Gaetano Carro che ormai da anni si batte per il riconoscimento del danno. Anche lui perplesso (e usiamo un eufemismo), ha preso carta e penna per scrivere una lettera direttamente al ministro Anna Maria Cancellieri. Benché lunga, la pubbli...
L'ultima sentenza, quella della Cassazione che stabilisce che i sevesini non hanno diritto ad alcun risarcimento per la diossina, ha lasciato il segno. Accolta prima con stupore, poi con indignazione da parte di molti di cittadini. Tra questi, naturalmente, Gaetano Carro che ormai da anni si batte per il riconoscimento del danno. Anche lui perplesso (e usiamo un eufemismo), ha preso carta e penna per scrivere una lettera direttamente al ministro Anna Maria Cancellieri. Benché lunga, la pubblichiamo integralmente.
Gentilissima Signora Ministra, Dottoressa Anna Maria Cancellieri ROMA
mi chiamo Gaetano Carro, nato a Lizzano (TA) il 27 maggio 1929, residente a Seveso dal 1964 in C. Dante n. 3, coordinatore del Comitato "5D" (Difesa Diritti Danneggiati Dalla Diossina), sorto nel 1983 durante il processo penale a Monza contro l'ICMESA per il noto disastro di Seveso del 1976, difeso dall'Avv. Francesco Borasi di Milano.
La sentenza della Cassazione Civile, n. 9711/2013 (V. All. 13945561), che respinge il ricorso del Comitato, forse non poteva essere che così. Però mi chiedo: chi ha errato? Ha errato l'avvocato? Ha errato il Tribunale? Ha errato la Corte d'Appello? Oppure c'è stata corruzione? E, se si: a che livello?
Mi rivolgo a Lei, nel disperato tentativo di attenuare un grave, lungo e penoso disastro che ALLE ORE 12,37 DEL 10 LUGLIO 1976 ha toccato la collettività della nostra laboriosa Brianza. Ancor oggi viviamo i nefasti effetti patologici derivanti dalla
irrorazione della "rosea" nube del 10 LUGLIO. Per esempio. io, fin ora, col sistema immunitario danneggiato dalla diossina, ho patito: anno 1996, panarterite nodosa; 2000, carcinoma prostatico; 2005, rivascolarizzazione miocardio; 2012, nefrectomia dx. Mai risarcito, poiché in ambito sanitario/giudiziario, prevale la tesi, secondo la quale: "NON VI E' PROVA CERTA CHE SIA STATA LA DIOSSINA" Dal giorno della disgrazia, tutti noi cittadini colpiti dall'evento abbiamo speso ogni energia per far risorgere la Città. Per avere una vita normale, una vita sana ed avere un futuro. Purtroppo, ormai, abbiamo acquisito la consapevolezza che il danno subito non si cancellerà mai: siamo nel terzo millennio e, ancora, la popolazione sevesina è
logicamente monitorata dalla Sanità Lombarda per studi e ricerche utili, che nel contempo rinverdiscono i tristi ricordi mentre si constata che parecchi cittadini, che furono più o meno esposti al tossico, ancor oggi sono alle prese con misteriose malattie ed attendono GIUSTIZIA. Se dopo tanto tempo ancora ci si monitorizza, la spiegazione non può che continuare a rattristarci!
Perchè la GIVAUDAN si è sempre rifiutata di sedersi con noi intorno ad un tavolo per trattare una transazione? Perché si è sempre comportata con grande arroganza padronale? Quando la GIVAUDA cesserà di considerarci suoi sudditi? Durante il processo a Monza, 1983, gli elvetici dissero che in svizzera non c'erano luoghi adatti a produrre triclorofenolo senza far correre rischi alla popolazione. Era implicito che in Italia ci fossero, specialmente in Brianza. La gente deve avere chiare e semplici risposte ai disastri subiti, alle conseguenze sulla salute e idonei risarcimenti in tempi "relativamente brevi", anche perché gli accertamenti sono eloquenti; il danno certificato! Eppure attendiamo ancora!
Qui, di seguito, mi permetto di evidenziare alcuni eventi di carattere giuridici accaduti, a cui si aggiungano i fatti narrati in
"All. AAA RICHIESTA ANTICIPO TRATTAZIONE" da CUI emerge che l'ingiustizia per i Sevesini è la regola:
Nel 2005, il Comitato vuole dar corso ad una causa per chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali all'ICMESA per 1132 danneggiati. L'avvocato Borasi, nell'ufficio ed alla presenza del suo collega Francesco Casella, mi dissero che il diritto si era prescritto dopo 5 anni, senza precisare, però, a decorrere da quando; aggiunsero che per aggirare l'ostacolo della prescrizione, si sarebbero chiesti i danni per la mancata bonifica. Entrambi gli avvocati insistevano nel sostenere che la causa per la mancata bonifica aveva probabilità di vittoria, l'altra no. Gli risposi che io ero convinto del contrario, dato che, nel 1952, come agente di polizia a Napoli, mi fu insegnato che con l'inizio dell'azione penale la prescrizione si interrompe, ex art. 2943 c.c. primo comma, per riprendere a correre con l'emissione della sentenza di condanna definitiva, ex art. 2945 cc secondo comma. Quindi, è applicabile l'art. 2953 c.c. se interviene sentenza di condanna definitiva.Il 23 maggio 1986, la Cassazione Penale emise sentenza di condanna definitiva a carico dell'ICMESA, depositata il 7 febbraio 1987 al n. 1465. (V. all. INTERRUZIONE PRESCRIZIONE).
Pertanto si avvia la causa per i 1132 attori; la Givaudan oppose la prescrizione del diritto ed altro; l'avvocato non eccepì la
prescrizione; il Giudice respinse la richiesta risarcitoria. (V. all. SENTENZA 1° GRADO).
CITAZIONE APPELLO
Con vigore dissi all'Avv. Borasi che nell'ATTO DI CITAZIONE IN APPELLO si deve chiedere alla Corte l'applicazione dell'art. 2953 cc. Egli aderì, ma in un modo molto strano, almeno per un difensore di fiducia: su detta citazione l'avvocato richiamò l'articolo 2953 cc, ma poi, anziché riferirsi agli articoli di cui sopra, che parlano delle prescrizioni, egli scrisse: "La giurisprudenza di legittimità ha spesso interpretato questa norma in maniera restrittiva, ovvero attribuendo la facoltà di usufruire del termine decennale di prescrizione solamente alla parte costituitasi parte civile." (V. all. CITAZIONE APPELLO, pag. 18).
La Corte d'Appello ha confermato la sentenza di primo grado e a pagina 21, per motivare la prescrizione del diritto, trascrive in sentenza quanto l'Avv. Borasi dice circa la restrizione nell'applicazione dell'art. 2953: "...della prescrizione decennale ex art. 2953 cc è legittimato a valersi esclusivamente il danneggiato, che si sia costituito parte civile nel processo penale." (V. all.
SENTENZA 2°GRADO):
Faccio presente che la prima interruzione della prescrizione, firmata da me e dall'Avv. Borasi, fu inviata all'ICMESA il 3 febbraio 1992, cui seguirono rinnovi di interruzione della prescrizione stessa ad intervalli inferiori a dieci anni fino al 30 gennaio 2012.
Nel pomeriggio del 6 maggio 2013, l'Avv. Borasi, sempre nell'Ufficio ed alla presenza del suo collega Francesco Casella, mi ha ammonito che se non provvedo a chiedere 20 euro per spese ad ognuno dei soccombenti nelle cause, presto la Givaudan potrebbe pignorare la casa ad alcuni di loro, ribadendo che quella causa non si doveva fare, anche alla luce della sentenza della causa portata avanti dal Tribunale del Malato, anni '90, circa 1300 danneggiati dalla diossina, per la quale causa, il giudice di Milano, rilevò d'ufficio la prescrizione del diritto dei danneggiati; la Corte d'Appello confermò; non ci fu ricorso per Cassazione. L'Avv. Borasi disse che anche noi, a quel punto, ci si doveva fermare.
Gentile Dottoressa, Signora Ministra Anna Maria Cancellieri, dei circa 10.000 associati al mio Comitato, i risarcimenti sono stati circa 150. Quindi, parecchi dei non risarciti credono quel che a me fa tanto male sentirmi dire. Le varie negative sentenze hanno ingenerato in loro malumori, o addirittura pensieri di ostilità verso di me, come se io fossi il corrotto, il colpevole dei loro mancati risarcimenti. Quindi, non mi vergogno di chiedere il Suo aiuto, non tanto per me, quanto per le migliaia di danneggiati dalla diossina, NONCHE' per evitare che si verifichi ancora una volta quel che si verificò qualche decennio addietro quando la GIVAUDAN, a seguito di sentenza della Cassazione, fece pignorare delle case ai CLORACNEICI per recuperare quel che aveva versato come risarcimento. Quindi, chiedo col cuore in mano il SUO aiuto affinché si correggano errori commessi per almeno attenuare le nostre disgrazie create dall'uomo all'uomo. (V. all. RICHIESTA ANTICIPO TRATTAZIONE).
Rispettosamente la salutiamo.
Gaetano Carro e collaboratrice Floriana Belotti
Gentilissima Signora Ministra, Dottoressa Anna Maria Cancellieri ROMA
mi chiamo Gaetano Carro, nato a Lizzano (TA) il 27 maggio 1929, residente a Seveso dal 1964 in C. Dante n. 3, coordinatore del Comitato "5D" (Difesa Diritti Danneggiati Dalla Diossina), sorto nel 1983 durante il processo penale a Monza contro l'ICMESA per il noto disastro di Seveso del 1976, difeso dall'Avv. Francesco Borasi di Milano.
La sentenza della Cassazione Civile, n. 9711/2013 (V. All. 13945561), che respinge il ricorso del Comitato, forse non poteva essere che così. Però mi chiedo: chi ha errato? Ha errato l'avvocato? Ha errato il Tribunale? Ha errato la Corte d'Appello? Oppure c'è stata corruzione? E, se si: a che livello?
Mi rivolgo a Lei, nel disperato tentativo di attenuare un grave, lungo e penoso disastro che ALLE ORE 12,37 DEL 10 LUGLIO 1976 ha toccato la collettività della nostra laboriosa Brianza. Ancor oggi viviamo i nefasti effetti patologici derivanti dalla
irrorazione della "rosea" nube del 10 LUGLIO. Per esempio. io, fin ora, col sistema immunitario danneggiato dalla diossina, ho patito: anno 1996, panarterite nodosa; 2000, carcinoma prostatico; 2005, rivascolarizzazione miocardio; 2012, nefrectomia dx. Mai risarcito, poiché in ambito sanitario/giudiziario, prevale la tesi, secondo la quale: "NON VI E' PROVA CERTA CHE SIA STATA LA DIOSSINA" Dal giorno della disgrazia, tutti noi cittadini colpiti dall'evento abbiamo speso ogni energia per far risorgere la Città. Per avere una vita normale, una vita sana ed avere un futuro. Purtroppo, ormai, abbiamo acquisito la consapevolezza che il danno subito non si cancellerà mai: siamo nel terzo millennio e, ancora, la popolazione sevesina è
logicamente monitorata dalla Sanità Lombarda per studi e ricerche utili, che nel contempo rinverdiscono i tristi ricordi mentre si constata che parecchi cittadini, che furono più o meno esposti al tossico, ancor oggi sono alle prese con misteriose malattie ed attendono GIUSTIZIA. Se dopo tanto tempo ancora ci si monitorizza, la spiegazione non può che continuare a rattristarci!
Perchè la GIVAUDAN si è sempre rifiutata di sedersi con noi intorno ad un tavolo per trattare una transazione? Perché si è sempre comportata con grande arroganza padronale? Quando la GIVAUDA cesserà di considerarci suoi sudditi? Durante il processo a Monza, 1983, gli elvetici dissero che in svizzera non c'erano luoghi adatti a produrre triclorofenolo senza far correre rischi alla popolazione. Era implicito che in Italia ci fossero, specialmente in Brianza. La gente deve avere chiare e semplici risposte ai disastri subiti, alle conseguenze sulla salute e idonei risarcimenti in tempi "relativamente brevi", anche perché gli accertamenti sono eloquenti; il danno certificato! Eppure attendiamo ancora!
Qui, di seguito, mi permetto di evidenziare alcuni eventi di carattere giuridici accaduti, a cui si aggiungano i fatti narrati in
"All. AAA RICHIESTA ANTICIPO TRATTAZIONE" da CUI emerge che l'ingiustizia per i Sevesini è la regola:
Nel 2005, il Comitato vuole dar corso ad una causa per chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali all'ICMESA per 1132 danneggiati. L'avvocato Borasi, nell'ufficio ed alla presenza del suo collega Francesco Casella, mi dissero che il diritto si era prescritto dopo 5 anni, senza precisare, però, a decorrere da quando; aggiunsero che per aggirare l'ostacolo della prescrizione, si sarebbero chiesti i danni per la mancata bonifica. Entrambi gli avvocati insistevano nel sostenere che la causa per la mancata bonifica aveva probabilità di vittoria, l'altra no. Gli risposi che io ero convinto del contrario, dato che, nel 1952, come agente di polizia a Napoli, mi fu insegnato che con l'inizio dell'azione penale la prescrizione si interrompe, ex art. 2943 c.c. primo comma, per riprendere a correre con l'emissione della sentenza di condanna definitiva, ex art. 2945 cc secondo comma. Quindi, è applicabile l'art. 2953 c.c. se interviene sentenza di condanna definitiva.Il 23 maggio 1986, la Cassazione Penale emise sentenza di condanna definitiva a carico dell'ICMESA, depositata il 7 febbraio 1987 al n. 1465. (V. all. INTERRUZIONE PRESCRIZIONE).
Pertanto si avvia la causa per i 1132 attori; la Givaudan oppose la prescrizione del diritto ed altro; l'avvocato non eccepì la
prescrizione; il Giudice respinse la richiesta risarcitoria. (V. all. SENTENZA 1° GRADO).
CITAZIONE APPELLO
Con vigore dissi all'Avv. Borasi che nell'ATTO DI CITAZIONE IN APPELLO si deve chiedere alla Corte l'applicazione dell'art. 2953 cc. Egli aderì, ma in un modo molto strano, almeno per un difensore di fiducia: su detta citazione l'avvocato richiamò l'articolo 2953 cc, ma poi, anziché riferirsi agli articoli di cui sopra, che parlano delle prescrizioni, egli scrisse: "La giurisprudenza di legittimità ha spesso interpretato questa norma in maniera restrittiva, ovvero attribuendo la facoltà di usufruire del termine decennale di prescrizione solamente alla parte costituitasi parte civile." (V. all. CITAZIONE APPELLO, pag. 18).
La Corte d'Appello ha confermato la sentenza di primo grado e a pagina 21, per motivare la prescrizione del diritto, trascrive in sentenza quanto l'Avv. Borasi dice circa la restrizione nell'applicazione dell'art. 2953: "...della prescrizione decennale ex art. 2953 cc è legittimato a valersi esclusivamente il danneggiato, che si sia costituito parte civile nel processo penale." (V. all.
SENTENZA 2°GRADO):
Faccio presente che la prima interruzione della prescrizione, firmata da me e dall'Avv. Borasi, fu inviata all'ICMESA il 3 febbraio 1992, cui seguirono rinnovi di interruzione della prescrizione stessa ad intervalli inferiori a dieci anni fino al 30 gennaio 2012.
Nel pomeriggio del 6 maggio 2013, l'Avv. Borasi, sempre nell'Ufficio ed alla presenza del suo collega Francesco Casella, mi ha ammonito che se non provvedo a chiedere 20 euro per spese ad ognuno dei soccombenti nelle cause, presto la Givaudan potrebbe pignorare la casa ad alcuni di loro, ribadendo che quella causa non si doveva fare, anche alla luce della sentenza della causa portata avanti dal Tribunale del Malato, anni '90, circa 1300 danneggiati dalla diossina, per la quale causa, il giudice di Milano, rilevò d'ufficio la prescrizione del diritto dei danneggiati; la Corte d'Appello confermò; non ci fu ricorso per Cassazione. L'Avv. Borasi disse che anche noi, a quel punto, ci si doveva fermare.
Gentile Dottoressa, Signora Ministra Anna Maria Cancellieri, dei circa 10.000 associati al mio Comitato, i risarcimenti sono stati circa 150. Quindi, parecchi dei non risarciti credono quel che a me fa tanto male sentirmi dire. Le varie negative sentenze hanno ingenerato in loro malumori, o addirittura pensieri di ostilità verso di me, come se io fossi il corrotto, il colpevole dei loro mancati risarcimenti. Quindi, non mi vergogno di chiedere il Suo aiuto, non tanto per me, quanto per le migliaia di danneggiati dalla diossina, NONCHE' per evitare che si verifichi ancora una volta quel che si verificò qualche decennio addietro quando la GIVAUDAN, a seguito di sentenza della Cassazione, fece pignorare delle case ai CLORACNEICI per recuperare quel che aveva versato come risarcimento. Quindi, chiedo col cuore in mano il SUO aiuto affinché si correggano errori commessi per almeno attenuare le nostre disgrazie create dall'uomo all'uomo. (V. all. RICHIESTA ANTICIPO TRATTAZIONE).
Rispettosamente la salutiamo.
Gaetano Carro e collaboratrice Floriana Belotti