Seveso, parla Antonio Matta: "Ecco le mie verità su Aspes"
La risposta di
Antonio Matta non si è fatta attendere: a fronte della lettera aperta scritta dal sindaco
Paolo Butti e indirizzata a tutti i cittadini per spiegare la contorta e controversa vicenda della municipalizzata, ecco la replica. Un'altra lettera, scritta dallo stesso Matta, per mettere i puntini sulle "i" e spiegare quali sono le responsabilità. La pubblichiamo, ovviamente, così come avevamo fatto per lo scritto del primo cittadino.
Cari citta...
La risposta di
Antonio Matta non si è fatta attendere: a fronte della lettera aperta scritta dal sindaco
Paolo Butti e indirizzata a tutti i cittadini per spiegare la contorta e controversa vicenda della municipalizzata, ecco la replica. Un'altra lettera, scritta dallo stesso Matta, per mettere i puntini sulle "i" e spiegare quali sono le responsabilità. La pubblichiamo, ovviamente, così come avevamo fatto per lo scritto del primo cittadino.
Cari cittadine e cittadini di Seveso, mi vedo costretto a scriverVi e disturbarVi nelle Vostre occupazioni lavorative, perché sono stato citato da una lettera inviata ai media dal sig. Paolo Butti che mi chiama direttamente in causa.
Il sig. Butti innanzitutto vuole motivare la sua decisione di mandare in liquidazione la società Aspes, di cui sono stato amministratore delegato e presidente fino alla fine di febbraio, con la supposta dichiarazione che la partecipata del Comune avrebbe una mancanza di economicità nella gestione: peccato che la società operi con tariffe che sono determinate dall’amministrazione comunale e soprattutto che abbia dovuto sostenere ingenti e documentati investimenti per conto del Comune il quale, invece che pagare le prestazioni richieste, ha preferito mandare in liquidazione la società e gettare nello sconforto una trentina di famiglie (tra dipendenti ed assimilati) senza considerare l’indotto. Ingenti investimenti sul cimitero comunale, per i parcheggi, per la manutenzione, che la società Aspes ha dovuto sostenere sempre per conto del Comune e che lo stesso non ha mai rimborsato.
Come risultante, ne è derivato un anticipo finanziario di circa 3 milioni di euro (2.915.432,53 euro) – debitamente dettagliato, inviato e protocollato al Comune varie volte, interessi esclusi, che Aspes ha sostenuto in questi ultimi anni – sempre ed in ogni caso – ad esclusivo beneficio del Comune di Seveso, e che rappresenta quasi interamente la sofferenza finanziaria attuale della società.
E guardate, care sevesine e sevesini, questa non è la mia opinione personale, ma anche del Tribunale di Milano. Infatti, Aspes si è vista costretta a rivolgersi al Tribunale per avere il pagamento almeno di una parte dei suoi crediti (i più datati) ed infatti lo stesso Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Caterina Giovanetti, ha accolto totalmente le richieste della partecipata. Non solo. Il Giudice ha ordinato il 13 febbraio 2014 al Comune di Seveso di pagare ad Aspes la ragguardevole cifra di 829.015,96 euro, escluse spese legali ed interessi (che sono cospicui datando molte fatture addirittura dal 2008). E cosa ha pensato bene di fare il sig. Butti? Mandare in liquidazione la società, provocando una svalutazione immediata dei suoi asset (farmacia e partecipazioni, che ora non hanno praticamente più positiva visibilità sul mercato e che qualcuno si potrebbe portare a casa a prezzi di saldo), creando dei nuovi disoccupati potenziali (cosa della quale non si sentiva il bisogno) e non prospettando finora nessuna seria soluzione gestionale dei servizi.
Tengo comunque a precisare che la società era gestita in maniera ottimale in relazione alle esigue risorse disponibili ed a quanto speso a beneficio del Comune, l’unico problema essendo rappresentato dal fatto che il Comune di Seveso non ottemperava ai suoi debiti e doveri contrattuali. Grande spirito di sacrificio e senso aziendale è stato profuso dai dipendenti e io stesso, pur di ottimizzare le risorse ei i risparmi della società, mi sono fatto carico di assumere come a.d. le gravose funzioni e gli oneri in capo al direttore generale (quando lo stesso è stato pensionato) ad un costo aziendale (mille euro netti al mese!) di un decimo rispetto al compenso lordo da lui percepito come dipendente. Sarebbe allo scopo interessante interpellare anche un Giudice del Lavoro per sapere cosa pensa in merito.
Per quanto concerne quanto altro il sig. Butti scrive in riferimento alla mia persona, cioè che avrei “adito per vie legali per evitare che il socio unico Comune di Seveso convocasse l’assemblea”, ciò è chiaramente falso in quanto in più occasioni, ed alla presenza di testimoni, ho chiesto al sig. Butti di seguire una normale prassi di convocazione. Io mi sono opposto alla sua “irrituale” modalità di convocazione. Cioè, come prevede il codice civile, avrebbe dovuto richiedere una convocazione di assemblea al cda ed informare lo stesso cda e collegio sindacale di Aspes degli atti ufficiali presi a supporto di una così delicata decisione. Il principio della sufficiente informazione è cardine delle garanzie richieste dal codice civile per le decisioni prese in cda o assemblee. A riprova di tutto ciò non esiste una lettera in cui Butti mi avesse richiesto di convocare la suddetta assemblea, né – come sarebbe d’obbligo – esiste la trasmissione della delibera del consiglio comunale ad Aspes, mentre, oltre al cda, anche ben due membri del collegio sindacale di Aspes hanno scritto al protocollo del Comune per dire che non erano affatto informati sui temi all’ordine del giorno dell’assemblea, né Butti aveva seguito un procedura di convocazione appropriata. Non discuto la possibilità del Socio Unico di liquidare una società ma ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure.
Il Giudice citato dal sig. Butti, poi, contrariamente a quanto scrive Butti, non si è espresso sulle legittimità della convocazione ma solo sullo strumento da noi utilizzato (l’art. 700 del codice di procedura civile) usato per richiedere un pronunciamento d’urgenza (appunto cautelare cioè preventivo). Ma forse il sig. Butti non ha letto l’ordinanza.
Il Giudice infatti scrive: “ritenuto in fatto che nel caso di specie ogni questione al riguardo sia da reputarsi superata dalla intervenuta celebrazione della assemblea che l'originaria ricorrente intendeva inibire (mentre pare senz’altro da escludere in diritto l'ammissibilità nella presente sede cautelare di una pronuncia meramente dichiarativa di illegittimità)”.
In pratica, il Giudice pare scrivere chiaramente che, siccome ormai il fatto è avvenuto, non si può porvi rimedio con una richiesta di procedura d’urgenza (atta appunto a prevenire lo svolgimento dell’assemblea), mentre scrive chiaramente che esclude ovviamente in quella sede (poiché appunto di tutela preventiva) di pronunciarsi sulla illegittimità della convocazione stessa (farlo sarebbe solo dichiarativo). In pratica si può intendere che sarebbe opportuno impugnare ormai la delibera stessa di assemblea visto che l’assemblea è stata ormai celebrata e non si può porvi rimedio.
Infine, a riprova di una gestione improntata a personalismi e ad una visione soggettiva delle procedure di legge, segnalo che il Comune, pur avendo ricevuto la mia disponibilità scritta e pur di evitare di interpellarmi, ancora una volta, ha preferito bypassare la normativa, non permettendomi neppure un ordinato passaggio di consegne (nell’interesse della partecipata e dello stesso Comune) ai sensi del codice civile e dunque non ricevendo da me le informazioni necessarie ad un’ottimale transizione.
Tanto Vi dovevo per chiarezza.
Antonio Matta
Antonio Matta non si è fatta attendere: a fronte della lettera aperta scritta dal sindaco
Paolo Butti e indirizzata a tutti i cittadini per spiegare la contorta e controversa vicenda della municipalizzata, ecco la replica. Un'altra lettera, scritta dallo stesso Matta, per mettere i puntini sulle "i" e spiegare quali sono le responsabilità. La pubblichiamo, ovviamente, così come avevamo fatto per lo scritto del primo cittadino.
Cari cittadine e cittadini di Seveso, mi vedo costretto a scriverVi e disturbarVi nelle Vostre occupazioni lavorative, perché sono stato citato da una lettera inviata ai media dal sig. Paolo Butti che mi chiama direttamente in causa.
Il sig. Butti innanzitutto vuole motivare la sua decisione di mandare in liquidazione la società Aspes, di cui sono stato amministratore delegato e presidente fino alla fine di febbraio, con la supposta dichiarazione che la partecipata del Comune avrebbe una mancanza di economicità nella gestione: peccato che la società operi con tariffe che sono determinate dall’amministrazione comunale e soprattutto che abbia dovuto sostenere ingenti e documentati investimenti per conto del Comune il quale, invece che pagare le prestazioni richieste, ha preferito mandare in liquidazione la società e gettare nello sconforto una trentina di famiglie (tra dipendenti ed assimilati) senza considerare l’indotto. Ingenti investimenti sul cimitero comunale, per i parcheggi, per la manutenzione, che la società Aspes ha dovuto sostenere sempre per conto del Comune e che lo stesso non ha mai rimborsato.
Come risultante, ne è derivato un anticipo finanziario di circa 3 milioni di euro (2.915.432,53 euro) – debitamente dettagliato, inviato e protocollato al Comune varie volte, interessi esclusi, che Aspes ha sostenuto in questi ultimi anni – sempre ed in ogni caso – ad esclusivo beneficio del Comune di Seveso, e che rappresenta quasi interamente la sofferenza finanziaria attuale della società.
E guardate, care sevesine e sevesini, questa non è la mia opinione personale, ma anche del Tribunale di Milano. Infatti, Aspes si è vista costretta a rivolgersi al Tribunale per avere il pagamento almeno di una parte dei suoi crediti (i più datati) ed infatti lo stesso Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Caterina Giovanetti, ha accolto totalmente le richieste della partecipata. Non solo. Il Giudice ha ordinato il 13 febbraio 2014 al Comune di Seveso di pagare ad Aspes la ragguardevole cifra di 829.015,96 euro, escluse spese legali ed interessi (che sono cospicui datando molte fatture addirittura dal 2008). E cosa ha pensato bene di fare il sig. Butti? Mandare in liquidazione la società, provocando una svalutazione immediata dei suoi asset (farmacia e partecipazioni, che ora non hanno praticamente più positiva visibilità sul mercato e che qualcuno si potrebbe portare a casa a prezzi di saldo), creando dei nuovi disoccupati potenziali (cosa della quale non si sentiva il bisogno) e non prospettando finora nessuna seria soluzione gestionale dei servizi.
Tengo comunque a precisare che la società era gestita in maniera ottimale in relazione alle esigue risorse disponibili ed a quanto speso a beneficio del Comune, l’unico problema essendo rappresentato dal fatto che il Comune di Seveso non ottemperava ai suoi debiti e doveri contrattuali. Grande spirito di sacrificio e senso aziendale è stato profuso dai dipendenti e io stesso, pur di ottimizzare le risorse ei i risparmi della società, mi sono fatto carico di assumere come a.d. le gravose funzioni e gli oneri in capo al direttore generale (quando lo stesso è stato pensionato) ad un costo aziendale (mille euro netti al mese!) di un decimo rispetto al compenso lordo da lui percepito come dipendente. Sarebbe allo scopo interessante interpellare anche un Giudice del Lavoro per sapere cosa pensa in merito.
Per quanto concerne quanto altro il sig. Butti scrive in riferimento alla mia persona, cioè che avrei “adito per vie legali per evitare che il socio unico Comune di Seveso convocasse l’assemblea”, ciò è chiaramente falso in quanto in più occasioni, ed alla presenza di testimoni, ho chiesto al sig. Butti di seguire una normale prassi di convocazione. Io mi sono opposto alla sua “irrituale” modalità di convocazione. Cioè, come prevede il codice civile, avrebbe dovuto richiedere una convocazione di assemblea al cda ed informare lo stesso cda e collegio sindacale di Aspes degli atti ufficiali presi a supporto di una così delicata decisione. Il principio della sufficiente informazione è cardine delle garanzie richieste dal codice civile per le decisioni prese in cda o assemblee. A riprova di tutto ciò non esiste una lettera in cui Butti mi avesse richiesto di convocare la suddetta assemblea, né – come sarebbe d’obbligo – esiste la trasmissione della delibera del consiglio comunale ad Aspes, mentre, oltre al cda, anche ben due membri del collegio sindacale di Aspes hanno scritto al protocollo del Comune per dire che non erano affatto informati sui temi all’ordine del giorno dell’assemblea, né Butti aveva seguito un procedura di convocazione appropriata. Non discuto la possibilità del Socio Unico di liquidare una società ma ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure.
Il Giudice citato dal sig. Butti, poi, contrariamente a quanto scrive Butti, non si è espresso sulle legittimità della convocazione ma solo sullo strumento da noi utilizzato (l’art. 700 del codice di procedura civile) usato per richiedere un pronunciamento d’urgenza (appunto cautelare cioè preventivo). Ma forse il sig. Butti non ha letto l’ordinanza.
Il Giudice infatti scrive: “ritenuto in fatto che nel caso di specie ogni questione al riguardo sia da reputarsi superata dalla intervenuta celebrazione della assemblea che l'originaria ricorrente intendeva inibire (mentre pare senz’altro da escludere in diritto l'ammissibilità nella presente sede cautelare di una pronuncia meramente dichiarativa di illegittimità)”.
In pratica, il Giudice pare scrivere chiaramente che, siccome ormai il fatto è avvenuto, non si può porvi rimedio con una richiesta di procedura d’urgenza (atta appunto a prevenire lo svolgimento dell’assemblea), mentre scrive chiaramente che esclude ovviamente in quella sede (poiché appunto di tutela preventiva) di pronunciarsi sulla illegittimità della convocazione stessa (farlo sarebbe solo dichiarativo). In pratica si può intendere che sarebbe opportuno impugnare ormai la delibera stessa di assemblea visto che l’assemblea è stata ormai celebrata e non si può porvi rimedio.
Infine, a riprova di una gestione improntata a personalismi e ad una visione soggettiva delle procedure di legge, segnalo che il Comune, pur avendo ricevuto la mia disponibilità scritta e pur di evitare di interpellarmi, ancora una volta, ha preferito bypassare la normativa, non permettendomi neppure un ordinato passaggio di consegne (nell’interesse della partecipata e dello stesso Comune) ai sensi del codice civile e dunque non ricevendo da me le informazioni necessarie ad un’ottimale transizione.
Tanto Vi dovevo per chiarezza.
Antonio Matta