Le vie della seta, alla scoperta dell'oro "bianco"

A Triuggio il week end dal 21 al 23 aprile è dedicato alla gelsibachicultura, una realtà che interessò la Brianza dal settecento fino alla seconda guerra mondiale. Fabrizio Delmati illustra ora quei temi, fondamentali per la nostra memoria

 Le colline sono talmente coperte di gelsi che presentano l’aspetto quasi di una selva”. 

Scriveva così Stefano Jacini, economista dell’unità d’Italia. Le colline erano quelle della Brianza che fece della seta una risorsa di sopravvivenza.

Quella di coltivare "l'oro bianco" era attività riservata alle donne e ai bambini. Vita dura. 

Per ricavarne denaro, il baco andava allevato in ambienti caldi, curato, nutrito, pulito, assistito per ventiquattrore al giorno. Le gerle cariche di gelso piagavano la schiena, i bozzoli erano posti in alto, su impalcature improvvisate, e assisterli voleva dire salire e scendere da scale improbabili e lavorare in posizioni innaturali. Le mani si piagavano, le energie finivano, ma la bachicultura dava il pane, specie se affiancata all’altra attività della seta, ancora più dura per donne e bambini: la filanda.

In filanda non c’erano tutele, ne privilegi. Gli orari non avevano limiti, si incominciava a lavorare presto, a partire dai 6 anni, per la vita restava ben poco tempo.

Quelle dei bachi e della seta furono attività che consentirono alla Brianza di passare dall’agricoltura alla piccola industria artigianale, poi sviluppata con il legno. Venuto il novecento, la gelsicultura  cessò progressivamente, piagata da problemi sanitari e dalla concorrenza estera. 

Rimase in piedi l’industria manifatturiera che i rimase in salute fino alla crisi degli anni settanta. 

Le vie della seta, fatte di sacrifici e progressi fino alla creazione degli artisti della moda, sgorgano chiare dalle immagini di Fabrizio Delmati, alcune frutto di una attenta ricerca storica. 

Sono fotografie che rendono un rapporto fra uomo e natura che il presente spesso scorda, in una percezione approssimativa di ciò che siamo e, ancor di più, di ciò che siamo stati.

Per rimediare a questa contemporaneità smemorata, il comune di Triuggio ha messo in campo un progetto che ha coinvolto le scuole. Una bella iniziativa, perfetta per lasciare un germoglio di identità alle nuove generazioni digitali.  

cc

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