Allarme di Federalberghi: aumentano gli affitti turistici “mascherati”
Federalberghi lancia l'allarme e chiede più controlli: troppe persone che mettono in affitto il loro appartamento, spesso spacciandolo come "condiviso" o come esperienza saltuaria, mascherando però una vera e propria attività non riconosciuta
La concorrenza sleale danneggia chi onestamente sta svolgendo il proprio lavoro. A pagarne le spese in questo caso sono gli albergatori che negli ultimi anni vedono nuovi concorrenti che mascherano quell’attività di accoglienza a tutto tondo a discapito degli altri colleghi.
Un “sommerso” turistico che preoccupa l’Associazione albergatori di Confocommercio Milano come si evidenzia dai dati contenuti nell’ultimo rapporto sul “sommerso turistico” realizzato da Federalberghi con la collaborazione tecnica di Incipit.
Si tratta infatti di quella nascente e sempre più ampia fetta di persone che mettono in affitto il loro appartamento, mascherando però questa vera e propria attività di ricezione turistica come invece un’attività saltuaria.
Ma lo studio evidenzia che si tratta di una sharing economy con appartamenti (e non solo camere) messe in affitto anche per oltre sei mesi all’anno trasformandosi in una vera e propria attività imprenditoriale per chi la svolge.
I numeri parlano chiaro: a Milano nel mese di agosto risultavano disponibili su un portale specializzato 13.200 alloggi: il 66%. riferiti ad interi appartamenti; il 68% disponibili per più di sei mesi; vi sono, poi “host” ai quali fa capo un significativo numero di appartamenti (da 48 a 115, una vera industria) messi in vendita.
Una vera e propria shadow economy che Maurizio Naro - presidente di Apam Federalberghi - vuole contrastare: “Non neghiamo gli aspetti positivi che caratterizzano l’evoluzione della società verso meccanismi di scambio ispirati a una maggiore libertà. Crediamo resti non del tutto risolto il problema delle regole di partenza tra soggetti economici che svolgono la stessa attività, regole che sembrano trasgredite già in partenza. Infatti, a Milano, solo il 2,2% degli appartamenti pubblicizzati su Airbnb è in regola con quanto previsto dalla legge regionale 27 del 2015 che prevede l’obbligo della registrazione nell’apposito elenco comunale”.
Non è solo questione magari di introiti non dichiarati o di scorciatoie fiscali, ma anche problemi sociali e di sicurezza. Naro sottolinea infatti che “Non c’è solo questo dietro la crescita incontrollata delle locazioni turistiche brevi: c’è il problema della sicurezza (non sai più chi è il tuo vicino), la desertificazione dei centri delle città con la conseguente chiusura delle attività commerciali, il depauperamento di interi quartieri svuotati dai residenti con il conseguente calo di disponibilità di servizi, l’aumento dei canoni di affitto regolari per lunghi periodi e la drastica riduzione di abitazioni disponibili a questo tipo di locazione sul mercato (pensiamo agli studenti universitari). Insomma, dietro l’apparente entusiasmo per una nuova economia che si diffonde, può esserci, in assenza di regole, la premessa per seri problemi che ricadono sull’intera comunità dei cittadini. Il nostro impegno è volto a tutelare tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.
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