Limbiate, le lavoratrici Interfila ai grandi marchi: "Date valore al made in Italy"
Chanel, Dior, L'Oreal, Coty. In più un po' di riviste di moda. Sono i destinatari della lettera firmata dalle lavoratrici di Interfila che si stanno battendo con tenacia per non perdere il posto di lavoro. Tutt'altro che rassegnate di fronte alla crisi e alla scelta dei vertici aziendali. Dura ormai da mesi questo impegno di 146 dipendenti, tra lavoratrici e lavoratori dell'azienda limbiatese (Gruppo Intercos), storica fabbrica cittadina che produce per il mercato mondiale. Son...
Chanel, Dior, L'Oreal, Coty. In più un po' di riviste di moda. Sono i destinatari della lettera firmata dalle lavoratrici di Interfila che si stanno battendo con tenacia per non perdere il posto di lavoro. Tutt'altro che rassegnate di fronte alla crisi e alla scelta dei vertici aziendali. Dura ormai da mesi questo impegno di 146 dipendenti, tra lavoratrici e lavoratori dell'azienda limbiatese (Gruppo Intercos), storica fabbrica cittadina che produce per il mercato mondiale. Sono impegnati a difendere il loro posto di lavoro, che riguarda la produzione di tutto ciò che sono le matite in legno per il make up. Un prodotto eccellente, che viene utilizzato dalle clienti di tutte le più grandi firme della moda, un mercato che chiede, ancora e con insistenza, il prodotto italiano di qualità, che però, nonostante non conosca crisi, rischia la delocalizzazione della produzione in Cina. "A rischiare - spiega
Sandro Archetti, segretario del circolo cittadino del Partito Democratico - è soprattutto l’occupazione femminile, numerosissime infatti sono le donne che lavorano in questa fabbrica. Si potrebbe dire un prodotto per le donne, realizzato dalle donne. E sono soprattutto loro e le loro rappresentanti sindacali, Samantha (Napoli), Alessandra (Malanca) e Rosi (Mosca), con le quali collabora Mauro (Boniardi), ad aver lanciato la sfida per non perdere il posto di lavoro". Ai diversi scioperi e manifestazioni, hanno aggiunto l’audizione con
Laura Barzaghi ed
Enrico Brambilla del gruppo del Partito Democratico in Regione Lombardia, fino all’interrogazione in Parlamento presentata dalla deputata brianzola
Alessia Mosca. Ma non si sono fermate qui: a metà giugno hanno portato all’incontro con la proprietà tutti i loro bambini, hanno poi aperto un profilo facebook per le donne che utilizzano i loro prodotti, fino a lanciare il loro accorato appello ai grandi marchi: “Date valore al Made in Italy, date valore alla nostre risorse, date valore alla nostra professionalità”. "Un modo originale - conclude Archetti - per far accendere i riflettori sulla loro condizione, senza salire sulle gru o arrampicarsi sui tetti. Queste lavoratrici e questi lavoratori hanno poi sfidato in modo molto particolare la loro condizione di possibili futuri disoccupati: invece che piangersi addosso, si sono rimboccati le maniche ed hanno deciso di organizzare una festa, chiamandola 'Fabbrica della speranza', dove ognuno di loro, dopo il proprio turno nei reparti produttivi, lavora ai fornelli, alle griglie, ed ai tavoli, per servire ottimi piatti".
Sandro Archetti, segretario del circolo cittadino del Partito Democratico - è soprattutto l’occupazione femminile, numerosissime infatti sono le donne che lavorano in questa fabbrica. Si potrebbe dire un prodotto per le donne, realizzato dalle donne. E sono soprattutto loro e le loro rappresentanti sindacali, Samantha (Napoli), Alessandra (Malanca) e Rosi (Mosca), con le quali collabora Mauro (Boniardi), ad aver lanciato la sfida per non perdere il posto di lavoro". Ai diversi scioperi e manifestazioni, hanno aggiunto l’audizione con
Laura Barzaghi ed
Enrico Brambilla del gruppo del Partito Democratico in Regione Lombardia, fino all’interrogazione in Parlamento presentata dalla deputata brianzola
Alessia Mosca. Ma non si sono fermate qui: a metà giugno hanno portato all’incontro con la proprietà tutti i loro bambini, hanno poi aperto un profilo facebook per le donne che utilizzano i loro prodotti, fino a lanciare il loro accorato appello ai grandi marchi: “Date valore al Made in Italy, date valore alla nostre risorse, date valore alla nostra professionalità”. "Un modo originale - conclude Archetti - per far accendere i riflettori sulla loro condizione, senza salire sulle gru o arrampicarsi sui tetti. Queste lavoratrici e questi lavoratori hanno poi sfidato in modo molto particolare la loro condizione di possibili futuri disoccupati: invece che piangersi addosso, si sono rimboccati le maniche ed hanno deciso di organizzare una festa, chiamandola 'Fabbrica della speranza', dove ognuno di loro, dopo il proprio turno nei reparti produttivi, lavora ai fornelli, alle griglie, ed ai tavoli, per servire ottimi piatti".