Piano della mobilità e dei trasporti: il Pirellone prevede investimenti per 15 miliardi di euro

A poche ore dall'allarme lanciato da Legambiente, la Commissione Territorio di Regione Lombardia ha approvato il Piano della mobilità e dei trasporti. Un documento ambizioso che, tuttavia, non è riuscito a mettere d'accordo tutti i gruppi consiliari

Incremento dell’offerta del servizio ferroviario regionale del 20%, del trasporto pubblico su ferro del 19% e del trasporto pubblico su gomma del 5%, con una riduzione del trasporto privato su strada del 7%. Sono gli obiettivi che si propone di raggiungere entro il 2020 il nuovo Piano regionale della Mobilità e dei Trasporti (relatore Fabio Altitonante, Forza Italia) su cui la Commissione Territorio presieduta da Alessandro Sala (Lista Maroni), dopo aver tenuto numerose audizioni con comitati di utenti e pendolari, associazioni, enti locali, gestori e società pubbliche e private ha espresso oggi parere favorevole a maggioranza dopo la discussione e la votazione di 41 emendamenti.

I nuovi interventi programmati dovrebbero portare a un incremento della velocità media di percorrenza sulla rete extraurbana da 49 a 52 chilometri orari riducendo del 6% i tempi complessivi di viaggio. Inoltre si prevede una diminuzione dell’emissione di sostanze inquinanti atmosferiche da 17,8 milioni di tonnellate annue a 16,8: il solo valore del PM10 dovrebbe calare del 20%.

Per il potenziamento del servizio ferroviario e del trasporto pubblico locale il Piano calcola investimenti economici di circa 15 miliardi di euro, ai quali si aggiungono 300 milioni di euro per i costi di esercizio: si ipotizzano risparmi di quasi 600 milioni di euro all’anno per la riduzione dei tempi di viaggio delle persone e di 200 milioni per quella delle merci, con l’aggiunta di altri 50 milioni di risparmio sui costi sociali determinati dalla riduzione degli incidenti stradali quantificata al 23%.

Nel 2014 la Lombardia è stata interessata da 16 milioni e 400mila spostamenti al giorno, 700mila in più rispetto al 2002: gli spostamenti occasionali sono aumentati del 15,4% e hanno superato quelli legati a motivi di lavoro, con una percentuale complessiva del 43,6%. Nel solo territorio milanese si registrano un terzo degli spostamenti lombardi. Con l’obiettivo di ridurne progressivamente il numero, saranno incentivati l’integrazione tariffaria e i servizi di trasporto collettivo.

Per il relatore Fabio Altitonante (FI) “una parte significativa del Piano riguarda Milano e la Grande Milano. Noi crediamo, infatti, che lo sviluppo infrastrutturale sia lo strumento principe per competere a livello globale. Ci riferiamo soprattutto a quello su ferro che interessa sia le linee sub-urbane che le metropolitane. Il nostro obiettivo è dare una visione infrastrutturale di lungo periodo. Se pensiamo -ha detto ancora Altitonante- che l’ultimo Piano presentato sulla mobilità risale al 1982, è evidente che questo provvedimento è strategico e di grandissima rilevanza”.”

PD, Movimento 5 Stelle e Patto Civico hanno votato contro, annunciando per l’Aula ulteriori emendamenti e ordini del giorno. Per Iolanda Nanni del M5S “con questo Piano la Lombardia destina al trasporto pubblico locale solo il 5% delle risorse al TPL, privilegiando ancora una volta i progetti sulle grandi infrastrutture, come Brebemi, che analisi e tendenze dicono invece che dovrebbero essere ripensate. E cosi alla rete ferroviaria va un’elemosina”. Idee e pianificazione sulle grandi infrastrutture da ripensare anche per Jacopo Scandella del Partito Democratico e per Silvia Fossati del Patto Civico, secondo i quali “dopo la crisi Regione Lombardia dovrebbe ripensare i progetti messi a punto. In questo Piano non c’è cambio di rotta e si continua a tralasciare gli investimenti sul trasporto pubblico locale”.

Per Carlo Malvezzi di NCD, invece, il “Piano correttamente guarda alle grandi infrastrutture. Oggi il 90% delle merci e delle persone viaggia ancora su gomma, dunque il loro sviluppo deve essere tenuto conto, soprattutto quando queste opere vengono realizzate con la garanzia di fondi che non vanno a pesare sugli enti pubblici”.