Seveso: commozione per la scomparsa di Francesco Rocca
Commozione in città per la scomparsa di
Francesco Rocca. C'è chi lo definisce "Il sindaco dei sindaci", ma per tutti è il sindaco della diossina, l'uomo che a partire dal luglio 1976 ha dovuto farsi carico di un incidente chimico che a quell'epoca non aveva precedenti nel mondo industrializzato. E l'uomo - aggiungiamo noi - che con molto buonsenso ha affrontato quei momenti tremendi, opponendosi anche a forze più grandi di lui, facendo sì che qui venissero gettate le basi de...
Commozione in città per la scomparsa di
Francesco Rocca. C'è chi lo definisce "Il sindaco dei sindaci", ma per tutti è il sindaco della diossina, l'uomo che a partire dal luglio 1976 ha dovuto farsi carico di un incidente chimico che a quell'epoca non aveva precedenti nel mondo industrializzato. E l'uomo - aggiungiamo noi - che con molto buonsenso ha affrontato quei momenti tremendi, opponendosi anche a forze più grandi di lui, facendo sì che qui venissero gettate le basi della rinascita. "I fatti accaduti, io dentro essi (senza che m'importasse poi molto di me stesso) - racconterà qualche anno più tardi nel suo libro 'I giorni della diossina' - a chiedere illuminazione e aiuto agli uomini e ogni mattina più oltre, a ripetermi: se questo mi è stato affidato, questo devo portare, per il bene di tutti, con gli inaspettati momenti d'interiore serenità". Sindaco dal 1970 al 1980, consigliere provinciale a Milano, se n'è andato venerdì, a 81 anni, stroncato da un'ischemia e da un'emorragia cerebrale. La notizia in pochi istanti ha fatto il giro della città. Uomo serio, capace, umile, aperto al dialogo e al confronto, ha davvero fatto tutto il possibile per la città, anche se non amava mettersi in mostra e, anni dopo, con disarmante semplicità dirà: "Nonostante le forze distruttive dell'uomo e delle ideologie, chi doveva vincere se non la vità?". Domani, lunedì 4 agosto, il funerale alle 10.30 nella chiesa dell'Altopiano. In attesa dell'ultimo saluto terreno, ci piace ricordare la frase che chiudeva il suo libro: "A Seveso girammo intorno all'area di maggior inquinamento, una cinquantina di ettari delimitati dal giallo steccato in plastica. Un pezzo di storia su cui è passata furiosa un'amara e sofferta vicenda. E' l'inaccessibile giardino del gigante cattivo, che dovrà dileguarsi nel prossimo futuro e lasciare che i bambini entrino in un grandioso parco a correre e vociare gioiosi: 'Sai, qui una volta c'era la diossina. Ora ci siamo noi, a giocare' ". Lo scriveva nel 1980, è andata proprio così, ha avuto ragione lui. Ora a noi il compito di spiegare a quei bambini che se possono giocare in quel parco (ovvero il Bosco delle Querce), se non sono figli di famiglie deportate e se non sono all'ombra di un forno inceneritore, lo devono soprattutto a Francesco Rocca.
Francesco Rocca. C'è chi lo definisce "Il sindaco dei sindaci", ma per tutti è il sindaco della diossina, l'uomo che a partire dal luglio 1976 ha dovuto farsi carico di un incidente chimico che a quell'epoca non aveva precedenti nel mondo industrializzato. E l'uomo - aggiungiamo noi - che con molto buonsenso ha affrontato quei momenti tremendi, opponendosi anche a forze più grandi di lui, facendo sì che qui venissero gettate le basi della rinascita. "I fatti accaduti, io dentro essi (senza che m'importasse poi molto di me stesso) - racconterà qualche anno più tardi nel suo libro 'I giorni della diossina' - a chiedere illuminazione e aiuto agli uomini e ogni mattina più oltre, a ripetermi: se questo mi è stato affidato, questo devo portare, per il bene di tutti, con gli inaspettati momenti d'interiore serenità". Sindaco dal 1970 al 1980, consigliere provinciale a Milano, se n'è andato venerdì, a 81 anni, stroncato da un'ischemia e da un'emorragia cerebrale. La notizia in pochi istanti ha fatto il giro della città. Uomo serio, capace, umile, aperto al dialogo e al confronto, ha davvero fatto tutto il possibile per la città, anche se non amava mettersi in mostra e, anni dopo, con disarmante semplicità dirà: "Nonostante le forze distruttive dell'uomo e delle ideologie, chi doveva vincere se non la vità?". Domani, lunedì 4 agosto, il funerale alle 10.30 nella chiesa dell'Altopiano. In attesa dell'ultimo saluto terreno, ci piace ricordare la frase che chiudeva il suo libro: "A Seveso girammo intorno all'area di maggior inquinamento, una cinquantina di ettari delimitati dal giallo steccato in plastica. Un pezzo di storia su cui è passata furiosa un'amara e sofferta vicenda. E' l'inaccessibile giardino del gigante cattivo, che dovrà dileguarsi nel prossimo futuro e lasciare che i bambini entrino in un grandioso parco a correre e vociare gioiosi: 'Sai, qui una volta c'era la diossina. Ora ci siamo noi, a giocare' ". Lo scriveva nel 1980, è andata proprio così, ha avuto ragione lui. Ora a noi il compito di spiegare a quei bambini che se possono giocare in quel parco (ovvero il Bosco delle Querce), se non sono figli di famiglie deportate e se non sono all'ombra di un forno inceneritore, lo devono soprattutto a Francesco Rocca.