Cosimo Argentina racconta il suo Sisifo

Da questa settimana inizia una collaborazione con l'agenzia letteraria Il Carteggio per andare alla scoperta del mondo dei libri, esplorando le ultime tendenze con recensioni e anche consigli su come si scrive un romanzo

Il giornale on line Qui Brianza ha deciso di darci fiducia, affidandoci una rubrica dedicata alla lettura. L’Italia non è un Paese in cui si legge molto e nonostante ciò, ogni anno, vengono pubblicati quasi 70.000 nuovi titoli. Il dato è fornito dall’Aie, l’Associazione Italiana Editori. L’universo dei libri è variegato, il nostro obiettivo è affine a quello degli astronomi: farvelo conoscere attraverso recensioni, ma anche consigli e articoli che raccontano i mestieri dell’editoria. Inauguriamo la rubrica con una recensione dedicata all’ultimo romanzo di Cosimo Argentina, “Le tre resurrezioni di Sisifo Re”. Un libro incredibile, forse il più visionario dello scrittore medese di origini tarantine. Buona lettura.
i.b.


Cosimo Argentina ha scritto un altro libro. Il quattordicesimo se non abbiamo perso il conto. Che la sua penna non si sarebbe fermata a "L’umano sistema fognario" era un fatto scontato, si trattava di capire cosa sarebbe venuto fuori da un’esigenza inesauribile di raccontare storie. Sugli scaffali delle librerie è finito Le tre resurrezioni di Sisifo Re, forse il romanzo in cui l’autore tarantino ha osato di più.

«In un mondo appiattito come quello editoriale, Argentina continua a sperimentare e con una scrittura felice che gli viene bene» ha affermato Andrea G. Pinketts, in una recente presentazione del romanzo di Argentina che si è svolta a Milano. A pubblicare questo libro è stata la casa editrice Meridiano Zero che, nel giro di pochi mesi, ha deciso di dare alle stampe l’ultima versione del manoscritto. Il romano è una distopia ambientata nel XXIII secolo in una megalopoli che conta quaranta milioni di abitanti. Una società futuristica, dove è segnato il tramonto dell’umanità. Per sopravvivere, gli uomini cercano riparo sulla Luna o nel Punto di Lagrange. Potrebbe sembrare il solito romanzo di fantascienza e invece il libro di Argentina è molto di più: è un noir psichedelico, un pulp, un thriller. Anzi, due thriller in uno.

Nonostante la novità, l’impressione è che Le tre resurrezioni di Sisifo Re sia un’evoluzione della trilogia dei “carnivori”.  È così?
«Quando ho iniziato a scrivere il romanzo, pensavo a una storia fantascientifica che avesse degli sviluppi noir. Non mi ero posto dei limiti né per quanto riguardava la continuità con ciò che avevo scritto in precedenza né nel voler fare una cosa completamente diversa. Poi ti accorgi che nel momento in cui scrivi metti dentro gli ingredienti che sono tuoi. In questo senso posso confermare che, in effetti, c’è un sostrato che mi trascino dietro da parecchi romanzi.»

Il romanzo è una distopia ambientato nel XXIII secolo, in una megalopoli che potrebbe trovarsi ovunque nel mondo, ma che ha un riferimento geografico preciso: Apuleia è la tua Puglia. Perché questa scelta?
«Ho immaginato una città grande quanto una Regione. Scrivendo la storia avevo la cartina davanti. Questa città doveva essere formata da quartieri che in realtà sono le città e i paesi della Puglia. Avendo ben chiaro i luoghi in cui si svolgeva il romanzo avevo più facilità nel far muovere i personaggi. Quindi non è stata una vera scelta di campo, ma una scelta pratica. Il secondo motivo è che mi muovo a mio agio là dove conosco… Anche i grandi narratori hanno usato il medesimo stratagemma, Philip Dick ambientava le sue storie sempre nella Baia di San Francisco. In più mi sono reso conto che stavo descrivendo una città che è il segno dei tempi. Quando sono arrivato in Brianza, (Cosimo Argentina abita a Meda, in provincia di Monza e Brianza ndr) nel Novanta, la connotazione urbana era completamente diversa da quella che vedo adesso. Non sono qui da tantissimo, non sono qui dagli anni Cinquanta o Sessanta, eppure ho visto una trasformazione potentissima. Sono d’accordo con Gianni Biondillo quando dice che oggi Milano si estende praticamente dalla bassa zona padana fino a Bergamo. Il mondo va verso una concentrazione di questo tipo. Questi tre elementi li ho frullati per tirar fuori questa città con tutte le sue distopie e i suoi orrori. Più la concentrazione è massiccia, più stai gomito a gomito e la convivenza diventa complessa.»

Nel leggere Le tre resurrezioni di Sisifo Re è quasi impossibile non riconoscere molti riferimenti letterari e cinematografici.
«È vero, ci sono tanti riferimenti, tante citazioni e tanti omaggi che non saprei ritrovarli neppure io. Il romanzo è nato così fin dall’inizio. Per esempio gli stigiani sono un omaggio a un grande scrittore degli anni Cinquanta del fantasy, Robert Howard. Ma dentro c’è anche Byron, Dante… e omaggi ai gradi dei Comics e della Graphic Novel: da Frank Miller di Sin City a Batman. Anche il titolo Le tre resurrezioni di Sisifo Re è un chiarissimo riferimento alle Tre stimmate di Palmer Eldritch, secondo me il romanzo più bello scritto da Dick. È stato un modo per rendere omaggio agli autori che ho amato e letto. C’è Lombroso, che ho citato tantissimo per via dei miei studi di criminologia. Tutto questo doveva essere tenuto a bada nella mia testa seguendo un percorso, una storia… Quando cito Virgilio non lo butto in un calderone tanto per ficcarcelo dentro…»

Infatti il romanzo ha tante citazioni, eppure ha una sua capacità di attirare il lettore che va al di là di ogni riferimento.
«Sì, questa è un po’ la caratteristica di altre cose che ho scritto. Una persona può leggere questo libro a tre livelli: il primo è quello della storia, in cui ci sono dei personaggi che cercano qualcosa e altri che tentano di sottrargliela. C’è l’amore svanito e quello che resiste. Poi c’è il livello di chi legge la storia e cattura un po’ tutte le varie citazioni legandole l’una all’altra. E poi c’è un terzo livello di chi riesce a immaginarsi tutto questo all’interno di uno spazio mentale. Per un tarantino nato a Saturo, dove ho ambientato Saturo Cape, lo spazio mentale è geografico, per uno che non ha mai visto Saturo Cape, anche perché è un posto che non esiste, esiste la Baia di Saturo, lo spazio mentale gli permette di costruire questo luogo.»

La bellezza letteraria dei tuoi personaggi è che sono tutti immorali, spesso brutali, sicuramente cinici. Anche quelli considerati positivi sono immersi nelle tenebre e si distinguono dagli altri, i negativi, perché danno l’impressione di inseguire disperatamente un ultimo bagliore di luce che si affievolisce. Un aspetto preminente proprio nelle Tre resurrezioni di Sisifo Re.
«I personaggi, in effetti, non sono nettamente divisi. Ognuno ha un motivo per cercare qualcosa e quindi ci sono delle mancanze legate al passato. È un po’ un filo rosso che mi porto dietro. Qui forse è più evidente… Però, rispetto ad altri miei libri, dove c’era più un percorso, in quest’ultimo il lettore si trova davanti a vicende che s’intersecano. A un certo punto deve fare una scelta di campo tra buoni e cattivi, anche se i buoni lo sono relativamente. Oscar Orano, per esempio, è un personaggio che è stato radiato da tutto: dalla scuola, dalla polizia, dall’esercito perché ha alle spalle molte ombre, ma alla fine è un personaggio che si riscatta. Ci sono tanti personaggi come lui. Molti non ce la fanno e i loro tentativi per essere riabilitati finiscono per affossarli ancora di più.»

Sisifo non è l’unico protagonista della storia. Anzi lui è una sorta di dio minore in nome del quale si muove Oscar Orano che è la parziale voce narrante. Chi dei due è la pietra che rotola?
«Oscar Orano è la voce narrante in alcuni punti, poi si torna alla terza persona in altri. Sicuramente è la parte trainante, il carrello su cui si muove tutta la vicenda. Sisifo è una specie di icona, uno che non riesce a terminare le frasi. È vestito come un pagliaccio, ha sempre la febbre, si trascina o viene trasportato sulle spalle da Orano… Sono due personaggi complementari. Orano è rozzo e nella larvata metafisica di Sisifo si eleva. Di fatto è come se fossero le due metà di una stessa creatura. Ricordo Master Blaster nel film Mad Max con Mel Gibson, questo personaggio era formato da due soggetti: il nano sulle spalle del gigante. Leggendo i libri di scienze delle medie diremmo che quella tra Sisifo e Orano è una simbiosi mutualistica.»

Quando Orano si connette ai trasmettitori delle sue sinapsi, si perde in una dimensione virtuale che paradossalmente è più vicina al nostro quotidiano di quanto non lo sia il mondo da cui fugge. Il lettore si ritrova a leggere non più una ma due storie parallele. Come ti è venuta questa idea?
«Volevo che si capisse che la realtà di tutti i giorni è nettamente più assurda di quella mentale. Orano sfugge da una realtà per infilarsi in un’altra realtà parallela nella quale non ci sono più negromanti, dove le macchine della polizia e le armi appartengono più ai noir americani alla Ellroy. Questo salto mi è venuto in mente perché quando scrivo qualcosa di esagerato, i lettori spesso mi rimproverano. Mi dicono di aver trovato delle cose vere e altre che mi sono inventato di sana pianta, di solito non beccano mai l’essenza… Sono convinti che la cosa inventata sia vera e viceversa. Un fatto che mi manda sempre all’aria. Da una parte mi emoziona, dall’altra mi sconcerta perché mi rendo conto che il limite è davvero friabile. Quando uscì Maschio adulto solitario mi dissero che avevo voluto esagerare mettendo una tigre in un condominio, e invece c’era davvero.»

E la copertina?
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La copertina è nata da un suggerimento che abbiamo selezionato tra i tanti. Un altro richiamo al Joker interpretato da Heath Ledger. Rappresenta molto bene l’essenza di Sisifo che si veste e si trucca esattamente come l’antagonista di Batman. Mi sembrava un po’ una forzatura, poi un giorno, in vacanza, mio figlio si è messo sulla faccia un foglio di carta con i buchi per gli occhi. Si è tenuto questa maschera per un po’, era un gioco, ma in mezzo agli altri era se stesso. Questa cosa mi ha lasciato senza fiato e ho pensato al teatro greco, quando col volto coperto gli attori riuscivano a tirare fuori la loro vera anima.»

Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan è stato l’ultimo film interpretato da Ledger. Anche in questo caso Sisifo è un omaggio al tormento dell’attore?
«Sì, un po’ è così. Avevo letto un’intervista di Jack Nicholson, che era stato Joker nel film di Tim Burton, in cui l’attore spiegava come fosse difficile non tanto interpretare Joker quanto venirne fuori. Quando morì Ledger, Nicholson dichiarò che si erano sentiti per telefono per scambiarsi delle opinioni e lo stesso Nicholson aveva messo in guardia il collega più giovane che il personaggio che stava interpretando era da prendere con le pinze. Rischiava di avere un forte condizionamento sulla personalità di chi lo rappresentava. Forse è un po’ quello che dicevo prima: è più facile far uscire il nostro io nel momento in cui si è truccati e non si è riconoscibili.»

Dopo Le tre resurrezioni di Sisifo Re pensi di essere in grado di cambiare ancora pelle?
«Questo libro, a 53 anni, è stato una specie di nuovo esordio. Un esordio in una letteratura di genere mentre i miei libri precedenti erano più legati a modelli mainstream. In teoria questo libro apparterrebbe a una trilogia che ho già ideato, successive evoluzioni della scrittura, ma al tempo stesso sto lavorando a romanzi che sono più legati alle mie esperienze precedenti. Io sono sempre molto interessato alla storia, se l’ho in mente, la metto giù. Sul come viene fuori è sempre legata a condizioni personali o ambientali nelle quali mi muovo. In genere non c’è una grande programmazione.»

Sbaglio se dico che questo romanzo è un unicum? Cosa ti aspetti dai lettori?
«Questo libro è stato acquisito dall’editore in tempi strettissimi. Stavo lavorando a un altro progetto e aspettavo delle risposte. La casa editrice mi ha contattato in agosto e il libro è uscito ai primi di dicembre. Cosa rarissima. Per Vicolo dell’acciaio il libro è uscito due anni dopo la firma del contratto. I tempi editoriali in genere sono molto dilatati, qui è successo tutto con una velocità incredibile. Il file era vecchio, ma io non avevo mai smesso di lavorarci. Ora sono curioso di capire quale sarà la risposta del pubblico. Che sia un unicum nel panorama editoriale forse è vero, perché non è facile connotarlo in un genere, è un libro di genere ma allo stesso tempo non lo è. In casa editrice hanno coniato la definizione post-cyberpunk, in realtà quando mi hanno chiesto a che genere appartiene Sisifo io ho risposto che è un fonc. Un fonc? hanno risposto. Sì, ho detto io, un FONC: Fantascienza, Orror, Noir e Comics.»

Pianeta libri è una rubrica curata dall’agenzia letteraria Il Carteggio
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