Agliate, l’armonia dei secoli

Un obiettivo, il genio dell’uomo e il fruscio della natura. Fabrizio Delmati oggi fotografa la Basilica di Agliate, l’opera meravigliosa di uomini lontani , nati con il dono di creare il bello.

Lì, senti frusciare il Lambro. Lo ascolti sussurrare, fra un rombo di motori e l’altro e a far più lungo il silenzio ti può aiutare la fantasia.

Lì, è Agliate.

Il posto che ancora oggi sa essere segno della  grandezza dell'uomo, con la chiesa romanica, primo vagito del genio che avrebbe portato al Rinascimento.

La Basilica, nata attorno al mille, ancora oggi carezza architettonica capace di dare all’anima un respiro di pace, ordine, armonia.

Per comprendere però appieno, quanto quest’opera sia segno di genio, dovremmo per un attimo immaginare la vita reale di allora. Come viveva ogni giorno chi la Basilica la immaginò, e la “fece”.

Mentre le impalcature in legno salivano, stagione dopo stagione, nelle giornate più ventose si poteva respirare Milano. O meglio, cogliere la puzza di una cloaca a cielo aperto, in cui la giustizia era poca, quella poca era dalla parte del più forte, e la fame elemento quotidiano.

Milano dell'anno mille, patria sporca e misera di una umanità esposta ad ogni malattia, senza possibili cure.

E pensare che  Milano era uno dei segni più alti di quel medioevo.

E' così.  Gli uomini, donne, e bambini, che costruivano la Basilica accanto al Lambro, avevano una aspettativa di vita di trent’anni, una mortalità infantile altissima e popolavano una  Brianza misera fatta da boschi, foreste e  baracche in legno.

Il bestiame, se c’era, era un bene precario, qualche unità primaria per restare in vita, o morire.

Ebbene, dentro questo quotidiano tragico, guidati da “magistri”, uomini, donne, bambini brianzoli, ad Agliate, trovarono la volontà di prendere un elemento umile come la pietra e farne una bellezza capace di stupire il nostro evoluto nuovo millennio.

Certo, a sentire il sospiro del Lambro sparire sotto il rombare  dei motori sull’asfalto, viene un po’ da riflettere sul termine evoluto accostato alla nostra epoca. Ma fa niente, Agliate è comunque ancora lì, una meravigliosa possibilità di capitelli lavorati,  mura solide, colonne levigate secondo il tratto di un’epoca che rincominciava ad interrogarsi sul senso della vita.

E, Agliate, è anche l’opportunità di guardare quei brianzoli di allora, sguardi che ancora ci osservano dagli affreschi. volti di popolo scelti a rappresentare i santi.

Sentirsi uomini è trovare sfondi comuni, al di là del tempo, sensazioni che la macchina di Fabrizio Dalmati sa fondere nelle ombre della pietra, le immagini digitali e il mormorio del Lambro, là in fondo.

Cogliere l'umanità di ognuno è saper descrivere l'anima flebile di una bellezza comune. Oltre il tempo. Oltre la miseria.  Oggi. E sempre.

c.c.