Sequestrati 26 mila maglioni in arrivo dalla Cina: bastava cambiare l'etichetta, il prezzo saliva alle stelle
CAVENAGO DI BRIANZA - La Guardia di Finanza ha sequestrato 26 mila maglioni in arrivo dalla Cina: 13 mila al porto di Ravenna, altri 13 mila alla dogana di Cavenago. Maglioni che, con la veloce sostituzione dell'etichetta, diventavano "Made in Italy" e immessi sul mercato in tutta Italia a prezzi decisamente maggiorati.
Un maxi sequestro di 26 mila maglioni provenienti dalla Cina: uno da 13 mila capi alla dogana di Cavenago di Brianza, l'altro della stessa quantità al porto di Ravenna. Maglioni per un valore complessivo di 350 mila euro che, immessi sul mercato italiano, avrebbero fruttato circa 2 milioni e mezzo di euro.
Il meccanismo scoperto dalla Finanza era molto semplice: si trattava di maglioni di fabbricazione cinese che, una volta giunti qui, venivano "aggiustati" con un'ultima modifica, ovvero la sostituzione dell'etichetta per diventare miracolosamente "made in Italy".
Con risultati facilmente immaginabili: gli inquirenti, che hanno stimato in 80 centesimi il costo della sostituzione dell'etichetta, hanno rilevato che il maglione era messo in vendita a 60 euro negli outlet, ma arrivava a 90 euro in un negozio in Romagna e addirittura a 150 euro a Roma in una boutique in zona Parioli. La distribuzione avveniva su tutto il territorio nazionale a eccezione del Molise.
A portare le Fiamme Gialle a dare il via alle indagini è stato un particolare dei maglioni. Davvero un minimo dettaglio: il filo dell'etichetta "Made in China" che, in tutti i capi, sporgeva leggermente. I militari attenti hanno scoperto che era sufficiente tirarlo per fare saltare l'etichetta velocemente.
Al termine delle indagini sono quattro le persone indagate: un imprenditore bolognese di 61 anni, un trentenne residente a Carpi, due cinesi di 42 e 48 anni.
Il meccanismo scoperto dalla Finanza era molto semplice: si trattava di maglioni di fabbricazione cinese che, una volta giunti qui, venivano "aggiustati" con un'ultima modifica, ovvero la sostituzione dell'etichetta per diventare miracolosamente "made in Italy".
Con risultati facilmente immaginabili: gli inquirenti, che hanno stimato in 80 centesimi il costo della sostituzione dell'etichetta, hanno rilevato che il maglione era messo in vendita a 60 euro negli outlet, ma arrivava a 90 euro in un negozio in Romagna e addirittura a 150 euro a Roma in una boutique in zona Parioli. La distribuzione avveniva su tutto il territorio nazionale a eccezione del Molise.
A portare le Fiamme Gialle a dare il via alle indagini è stato un particolare dei maglioni. Davvero un minimo dettaglio: il filo dell'etichetta "Made in China" che, in tutti i capi, sporgeva leggermente. I militari attenti hanno scoperto che era sufficiente tirarlo per fare saltare l'etichetta velocemente.
Al termine delle indagini sono quattro le persone indagate: un imprenditore bolognese di 61 anni, un trentenne residente a Carpi, due cinesi di 42 e 48 anni.