MEDEGÒZZ impariamo la nostra lingua

MEDEGÒZZ ovvero, nella tradizione popolare, i vecchi rimedi “fai da te” per curare le malattie……

MEDEGÒZZ   ( breve esemplificazione vista da un neurologo)

Col termine di Medegòzz si intendono le numerosissime e semplici terapie utilizzate nella tradizione popolare, frutto di secoli di esperienza e di cui ci si serviva per curare tutte le malattie allora note. Tali rimedi erano tramandati di padre in figlio, forse meglio dire di madre in figlia, e costituiscono ancor oggi un esempio di come erboristeria, religione e anche magia si mescolino per cercare di giovare alla salute delle persone.

Per prima cosa, essendo io neurologo ed avendo affrontato a suo tempo l’indagine per valutare i rimedi della tradizione popolare per le malattie del sistema nervoso, ho voluto considerare che cosa si utilizzava per la cefalea (il mal di testa): la cura più simpatica era quella di andare a Milano nella chiesa di S. Eustorgio e picchiare il capo contro le mura interne della chiesa. Più semplice invece era il metodo di bendarsi il capo e magari infilare tra la stoffa e la pelle delle belle fette di patata cruda. Più normale era bere della camomilla, che ha una certa proprietà sedante o assumere del caffè e la caffeina ha certamente una buona azione nell’emicrania sia in quella con aura che in quella senz’aura.

Per la sciatalgia (la “sciatica“) bisognava soprattutto recarsi da chi “segnava”, ma qui si va a sconfinare nei rimedi da “strion” e vedremo di parlare di costoro e delle loro pratiche in un altro resoconto. Una relazione molto interessante meriterebbe tra l’altro il più celebre di questi “guaritori”: il Pret de Ratanat.

Per ansia, fobie e depressione si faceva poco o nulla anche perché erano affezioni che non venivano minimamente considerate: c’era ben altro di cui occuparsi.

L’epilettico (afflitto da “brutto male”) era ritenuto semplicemente un indemoniato e quindi i poveri pazienti venivano sottoposti ad esorcismi di vario tipo e dovevano recarsi poi presso vari santuari locali ritenuti i più adatti alla bisogna (ad esempio il santuario di Caravaggio).

La magia

I rimedi dei nostri nonni e di chi li ha preceduti erano spesso improntati ad un qualche carattere magico, un esempio è costituito dalla cura delle verruche, delle quali tra l’altro i nostri predecessori si preoccupavano assai poco.

Un rimedio noto, e per noi assurdo, era quello che l’interessato dovesse prendere un numero di chicchi di riso quante erano le verruche che aveva sulle mani, andasse poi  a cercarsi una fontana o anche una grossa pozzanghera lontano da casa e gettasse i chicchi nell’acqua. Regola fondamentale  perché la cura riuscisse era quella che l’interessato non dovesse più passare da quel luogo fino a guarigione ottenuta.

La cura più nota come vermifugo era l’aglio: i parassiti intestinali erano molto più frequenti nelle epoche passate e comunque si pensava quasi sempre che i disturbi intestinali dei bimbi fossero dovuti ai “vermi”. Il rimedio era noto e diffusissimo, si facevano delle belle collane che venivano poste al collo dei fanciulli fino a che non fossero tornati a stare bene. Il numero delle teste d’aglio doveva essere rigorosamente dispari.

Rimedi sconsiderati

Alcuni rimedi, visti con gli occhi di oggi, rasentavano la follia. Ad esempio l’itterizia dei bambini (spesso dovuta ad epatite virale) si curava facendo ingerire agli sfortunati piccoli dei pidocchi. Tali bestioline allora purtroppo abbondavano data la scarsa cura dell’igiene personale e venivano  fatti ingerire dopo averli posti in un bicchiere d’acqua.

Un altro rimedio assurdo, sempre per la diagnosi ossessiva dei “vermi”, era quella di fare bere un decotto preparato raschiando la fuliggine dai camini; la pozione veniva filtrata, zuccherata e somministrata.

Per le ferite si spargeva sulla lesione la polvere che si accumulava spesso nelle tasche di chi lavorava nei campi o addirittura si metteva direttamente la terra sulla ferita perché ritenuta ottimo disinfettante. Al tetano nessuno pensava e l’infezione delle ferite era ovviamente frequente, cosa grave perché mancavano gli antibiotici.

Per il “mal di pancia”, che ovviamente poteva avere decine di cause, veniva da taluni somministrata una pozione ottenuta facendo bollire gli escrementi delle galline e pare che il rimedio avesse un sapore gradevole.

Per l’enuresi notturna (i bambini che urinano a letto) si faceva bollire un topo e si faceva bere ai figlioletti il brodino che ne risultava.

Rimedi più accettabili

In caso di bronchite era notissimo il ricorso alla “polentina”. Io stesso l’ho sperimentata  nella prima infanzia. Ero molto piccolo ma ricordo benissimo i fatti. Si faceva una vera e propria polenta molliccia in genere con farina di linosa (ma mia madre usava, come altri, la semplice farina di granoturco). L’impasto molliccio veniva messo in una pezza sottile ed applicato, quasi bollente, sulla parte bassa del torace. Veniva coperto con una pezza di lana per mantenere ben caldo il rimedio e questo veniva cambiato se si fosse raffreddato. Dato che mi ricordo ancor oggi di quella cura, vuol dire che non si trattava di un rimedio gradevolissimo. I cataplasmi caldi avevano ed hanno comunque una qualche azione decongestionante e anticatarrale.

Sulle scottature veniva spalmato spesso dell’olio (anche burro) che ha notoriamente un’azione protettiva.

Per le infiammazioni gengivali e del cavo orale venivano usati infusi di malva (mia madre aveva una specie di adorazione per la malva) che possiede una modesta azione calmante e decongestionante.

Per il raffreddore ed il  mal di gola si facevano, e taluni fanno ancora, dei suffumigi, cioè si pone dell’acqua bollente in un catino, vi si aggiunge della camomilla, o menta, o fiori di tiglio,o anche resina di abete, l’ammalato  ci si pone sopra coprendo il capo con un asciugamano  fatto scendere fin sopra al catino e si aspirano i vapori. Si viene così a produrre una certa azione decongestionante sulle vie respiratorie.

Un rimedio che pare assurdo, ma che ha una qualche validità detergente, era quella (oh orrore) di urinarsi sulla ferita se questa si verificava nei campi lontano da casa, dato che l’urina in genere è sterile e quindi in grado di ripulire la ferita.

Andrebbero considerati moltissimi altri rimedi e ognuno dei meno giovani ne rammenta qualcuno ma dovremmo allora scrivere un libro e non un semplice articolo. E’ facile considerare come i “medegòzz” proposti dalla tradizione popolare fossero in genere di poco conto dal punto di vista curativo, ma del resto anche la medicina non disponeva a quei tempi di molti farmaci efficaci. Per tale ragione la gente non credeva molto nella scienza ufficiale e nei suoi medici, che tra l’altro erano molto cari per le possibilità dei contadini e degli operai di allora. Si credeva molto di più nel valore della fede e si pregava tanto per ottenere una guarigione; Poiché si trattava spesso di persone semplici, per loro sconfinare dalla fede alla superstizione e alla magia era cosa normale, per cui non bisogna meravigliarsi di cure assurde ma tramandate da secoli neanche lontani nei  quali si credeva con assoluta certezza nell’esistenza delle streghe, che venivano regolarmente bruciate, nelle pozioni magiche e in altre astruserie consimili.

                                                                          Dott. Antonio Colombo