Madre accoltellata e incendiata: figlio non imputabile per totale vizio di mente
LIMBIATE - Alessandro Magni, l'uomo di 46 anni che l'11 novembre aveva rifilato una decina di coltellate al petto di sua madre e poi l'aveva cosparsa di alcol per incendiarla, non sarà processato. Il Gup del Tribunale di Milano lo considera non imputabile per totale vizio di mente. Andrà in una comunità per malati psichiatrici
L'11 novembre dello scorso anno aveva assassinato la mamma Rosanna Bezzi nell'appartamento di Limbiate, poi le aveva dato fuoco. Alessandro Magni, 49 anni, non sarà processato. Lo ha deciso ieri mattina il Giudice dell'udienza preliminare Franco Cantù Rajnoldi ritenendolo non imputabile per totale vizio di mente. L'omicida dovrà però trascorrere 10 anni in una casa di cura per malati psichiatrici con elevato livello di protezione socio sanitario.
L'omicidio era avvenuto al quarto piano di una palazzina in via Piave. Lui, disoccupato, era già stato in cura in passato per problemi psichici e la madre, ormai anziana, nel febbraio 2015 aveva deciso di abbandonare l'abitazione di Milano per spostarsi a Limbiate dove già risiedeva la figlia. Lei e il figlio, però, in città non erano mai riusciti a integrarsi durante i nove mesi di permanenza. Sempre chiusi in casa, con i vicini che spesso udivano urla provenire dall'abitazione.
Nella serata dell'11 novembre, verso le 23, l'episodio di violenza: lui ha afferrato il coltello da cucina e ha ripetutamente colpito la donna al petto. Almeno dieci volte secondo gli inquirenti. Poi, con lei ormai a terra, l'aveva cosparsa con dell'alcol e le aveva dato fuoco incendiando in parte anche l'abitazione. I Carabinieri lo avevano trovato sul pianerottolo, leggermente intossicato e in stato confusionale.
Ieri il Gup del Tribunale di Milano, ha accolto la richiesta formulata sia dalla Procura sia dalla difesa, che ha presentato una perizia: l'uomo soffre fin da bambino di schizofrenia paranoide. Non si procederà oltre. Per lui si prospettano dieci anni di libertà vigilata con ricovero in una comunità per malati psichiatrici con elevato livello di protezione socio sanitario.
L'omicidio era avvenuto al quarto piano di una palazzina in via Piave. Lui, disoccupato, era già stato in cura in passato per problemi psichici e la madre, ormai anziana, nel febbraio 2015 aveva deciso di abbandonare l'abitazione di Milano per spostarsi a Limbiate dove già risiedeva la figlia. Lei e il figlio, però, in città non erano mai riusciti a integrarsi durante i nove mesi di permanenza. Sempre chiusi in casa, con i vicini che spesso udivano urla provenire dall'abitazione.
Nella serata dell'11 novembre, verso le 23, l'episodio di violenza: lui ha afferrato il coltello da cucina e ha ripetutamente colpito la donna al petto. Almeno dieci volte secondo gli inquirenti. Poi, con lei ormai a terra, l'aveva cosparsa con dell'alcol e le aveva dato fuoco incendiando in parte anche l'abitazione. I Carabinieri lo avevano trovato sul pianerottolo, leggermente intossicato e in stato confusionale.
Ieri il Gup del Tribunale di Milano, ha accolto la richiesta formulata sia dalla Procura sia dalla difesa, che ha presentato una perizia: l'uomo soffre fin da bambino di schizofrenia paranoide. Non si procederà oltre. Per lui si prospettano dieci anni di libertà vigilata con ricovero in una comunità per malati psichiatrici con elevato livello di protezione socio sanitario.