Ben Kodjo Sogah: un passato nel Togo, tenta un futuro da consigliere comunale. E bacchetta i migranti
MONZA - E' una bella storia di vita quella di Ben Kodjo Sogah, candidato nella lista di LabMonza (a sostegno di Scanagatti). Arrivato 28 anni fa dal Togo, migrante a tutti gli effetti, ora laureato, insegnante di lingue, impegnato nel volontariato e stimato da tutta la comunità cittadina
È arrivato in Italia dal Togo 28 anni fa in cerca di fortuna e oggi, sposato, con tre figli e nonno di tre nipoti ha deciso di provare l’avventura politica presentandosi come candidato consigliere alle prossime amministrative di Monza.
È davvero intensa e interessante – e per questo abbiamo voluto raccontarla - la storia di Ben Kodjo Sogah, 55 anni, da 25 custode all’asilo notturno di via Raiberti che ha deciso di abbracciare l’avventura politica candidandosi nella lista civica LabMonza che sostiene il sindaco uscente Roberto Scanagatti (con Pd e lista civica “Monza x Scanagatti sindaco”).
Ben è volto noto a Monza, soprattutto nel mondo del volontariato. Arrivato dal Togo 28 anni fa in aereo (ci tiene a precisare) alla ricerca di un futuro migliore per sé e per la moglie che nel frattempo era rimasta in Africa. Laureato e insegnante di lingue (parla perfettamente inglese, francese oltre ad alcune lingue africane) ha deciso di abbandonare la sua terra che già all’epoca era martoriata dalla guerra civile. “Sono arrivato dalla Libia – racconta – Non è stato facile. Ho seguito lo stesso percorso che oggi seguono i migranti, passando per il deserto, lavorando per guadagnare i soldi per comprare il biglietto. Sono stato persino arrestato perché clandestino rimanendo in carcere una notte intera a pane ed acqua”.
Poi finalmente quel volo che lo ha portato a Roma (con scalo prima a Malta) e quando si sono aperte le porte dell’aeroporto quell’incontro inaspettato con un altro giovane di colore che gli ha radicalmente cambiato la vita. “Quando mi ha visto si è avvicinato e abbiamo iniziato a parlare – continua – Volevo andare ad Amsterdam dove avevo alcuni parenti, ma mi consigliò di rimanere in Italia e di usufruire della sanatoria appena emanata. Mi accompagnò alla mensa vaticana dove incontrai un sacerdote che aveva lavorato in una missione del Togo”.
Scelto il Belpaese come sua meta Ben ha deciso di rimboccarsi subito le maniche imparando la lingua e iniziando a lavorare così da potersi mantenere e ricongiungersi con la sua famiglia.
“Nel 1991 sono arrivato a Monza e per i primi quindici mesi ho trovato appoggio al dormitorio di via Raiberti - continua – Di giorno invece andavo dai frati del convento della Madonna delle Grazie per lavarmi e cambiarmi. Nel frattempo ho trovato lavoro in un’azienda di Brugherio e sono stato in grado di prendere casa a Limbiate. Non avevo l’automobile. Mi alzavo la mattina presto, raggiungevo la stazione di Monza dove lasciavo la bici per poi andare al lavoro”.
Pian piano Ben ha iniziato a realizzare il suo sogno di un futuro sereno e migliore. Dall’Africa lo hanno raggiunto la moglie e i due figli, poi è arrivato anche il terzo erede nato appunto all’ospedale di Monza. Poi la svolta: l’occasione di un nuovo lavoro come custode dell’asilo notturno.
“Ho fatto un mese di prova, poi mi è stato affidato l’incarico – continua – Sono molto grato al signor Viganò presidente della San Vincenzo e a don Maurizio della parrocchia di San Carlo dove per un certo periodo di tempo ho anche soggiornato con la mia famiglia. È stato il sacerdote ad accompagnare mia moglie in ospedale a partorire mentre io ero al lavoro e fuori dalla canonica era stato appeso anche il fiocco azzurro”.
Ben si sente italiano e monzese a tutti gli effetti e quando gli amici della rete “Migrate Monza e Brianza” gli hanno proposto questa avventura dopo un’iniziale reticenza ha deciso di provarci.
“La politica mi è sempre piaciuta, è un dare”, precisa. Il suo impegno sarà nel settore dell’immigrazione , focalizzandosi - come si legge sul suo santino – “sulla partecipazione dei “nuovi” cittadini a 360 gradi per rendere Monza una metropoli multiculturale e internazionale”.
Ha le idee ben chiare sul che cosa fare soprattutto con i tanti migranti che spesso bighellonano in stazione o ai giardinetti.
“Bisogna impegnarli in attività concrete e al servizio del territorio – spiega – Per esempio in questo periodo, magari in collaborazione con la Scuola di Agraria, coinvolgerli nelle attività di giardinaggio e di manutenzione del verde. Ma prima di tutto questi fratelli migranti devono imparare la lingua italiana per crearsi un futuro e avere una visione delle prospettive”.
La scuola e la formazione al centro. “Prima di qualsiasi progetto è fondamentale l’apprendimento della lingua – ribadisce – Solo in questo modo potranno vedersi aprire le porte e apprendere quei mestieri artigianali, come per esempio il ciabattino, che oggi sono in via di estinzione”.
Ben inoltre ha un preciso obiettivo: l’istituzione di un corso di cittadinanza per i nuovi cittadini. “Prima di firmare la carta che attesta la nuova cittadinanza è necessario essere formati e informati– continua – Partecipare a un corso per apprendere doveri e diritti, la storia e la costituzione dell’Italia e il suo inno. Siamo arrivati in questo Paese, lavoriamo e paghiamo le tasse e quindi vogliamo sentirci partecipi di questa società, non semplici spettatori o fruitori di assistenzialismo”.
Guardando indietro Ben è molto soddisfatto di quanto ha costruito, dei suoi tre figli che oggi sono una mamma, una professionista in una nota casa di moda e il terzogenito sta completando gli studi a Londra.
“Quando gli altri migranti mi dicono che io sono fortunato rispondo che anche io ho fatto il loro stesso percorso e vissuto le loro stesse emozioni – precisa – C’è chi ha scelto di fare il fannullone chi si è rimboccato le maniche, ha osato e ha trovato una nuova opportunità lavorativa e di vita. Per alcuni ospiti del dormitorio sono stato amico, confidente e sprone per dare una svolta in positivo alla propria esperienza e c’è persino che si è costruito una vita migliore all’estero”.
Oggi guardando dentro a quell’asilo notturno vede tante differenze rispetto al giorno del suo arrivo. “Un tempo erano quasi tutti stranieri, soprattutto albanesi – conclude – Oggi il numero degli italiani supera quello degli stranieri”.
Una società che cambia e venticinque anni fa era davvero impensabile che un ospite del dormitorio potesse entrare attivamente nei lavori del Consiglio comunale.
Barbara Apicella
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