In tempo di crisi le donne riscoprono i lavori maschili

MONZA - Non solo mimosa: pensare alla Festa della donna significa anche pensare a tutte quelle rappresentanti del gentil sesso che, in questo tempo di crisi, si stanno rimboccando le maniche per esercitare anche lavori tipicamente maschili. E, secondo l'ufficio Studi della Camera di Commercio, non sono neanche poche.

Non chiamatelo sesso debole. Tutt’altro. In fatto di resistenza fisica e psicologica le donne non hanno nulla da invidiare agli uomini. Anche in campo professionale. E vuoi per la crisi, vuoi per la necessità di accettare quello che passa il convento oggi sono sempre di più le ragazze e le donne che intraprendono professioni fino a pochi anni fa appannaggio solo dei maschietti.

Questo quello che emerge da un’indagine effettuata dall’Ufficio studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza su dati registro imprese. In aumento le donne che si reinventano camioniste, elettriciste, tappezziere, meccaniche ed idrauliche. 

Numeri alla mano nel Belpaese sono 3 mila le donne che guidano un camion, 480 quelle che eseguono lavori di elettricista, mille le tappezziere, 2 mila e 700 le fabbre, 1.230 le meccaniche, 480 le idrauliche, 300 le falegname e 370 le calzolaie.

Dati che devono fare riflettere sulla capacità e versatilità delle donne che, pur di portare a casa uno stipendio e di far quadrare il bilancio familiare intraprendono professioni un tempo dei loro mariti o dei loro padri. 

“La dimensione femminile è un formidabile motore di crescita economica, una straordinaria leva di cambiamento sociale e politico in tutto il mondo, ed è per questo che sembra oggi la più adeguata per affrontare le nuove sfide globali – commenta Mina Pirovano  presidente del Coordinamento Regionale dei Comitati per l’Imprenditoria femminile Lombardi e del Comitato della Camera di commercio di Monza e Brianza -. Le donne rappresentano un patrimonio unico di competenze che va assolutamente promosso e incoraggiato a misurarsi sul mercato attraverso l’impresa:  le donne stanno imparando a “giocare a calcio”, a fare squadra, a connettersi, a fare rete in contesti in cui si possono esprimere attraverso il lavoro, senza dover rinunciare al proprio ruolo nella vita familiare. Certo, gli sforzi delle imprese non bastano, per questo la politica deve fare la sua parte. Occorre disegnare un quadro normativo che crei e rafforzi gli strumenti di flessibilità nel mercato del lavoro, sviluppando le possibilità delle donne di accesso al mercato e alle risorse finanziarie”.