Test prenatali non invasivi: sala piena al convegno del Cam

MONZA - Una vasta platea di ginecologi ha partecipato martedì scorso al convegno "La nuova generazione di NIPT", ovvero approfondimenti su test prenatali non invasivi, organizzata dal Cam nel suo auditorium di viale Elvezia.

Si è tenuto martedì scorso, nell’auditorium del Cam di Monza, il convegno dal titolo: "La nuova generazione di NIPT". La straordinaria partecipazione dei ginecologi -circa novanta gli specialisti in sala- è indicatrice della crescente attenzione al tema e della necessità di un’informazione chiara e completa anche dal parte delle pazienti circa le evoluzioni dei Test Prenatali Non Invasivi - da cui l’acronimo NIPT-, basati sul DNA fetale libero nel plasma materno.

Il Cam è stato il precursore italiano a introdurre nel 2013 questa nuova opportunità diagnostica: dopo tre anni di esperienza clinica puntualmente scanditi da incontri di aggiornamento scientifico, quest’ultimo appuntamento si è focalizzato sugli esiti delle casistiche raccolte sul campo, sul ruolo della consulenza specialistica nella comprensione dei test da parte delle pazienti, sulle Linee Guida Ministeriali e sull’integrazione NIPT-Test combinato. Attraverso il pool di specialisti intervenuti, sono state presentate le tecnologie di nuova generazione che consentono oggi un ulteriore miglioramento delle performance del test e una maggiore affidabilità dei risultati.

Maria Verderio - specialista in Ostetricia e Ginecologia Certif. Fetal Medicine Foundation, Consulente per la Diagnosi Prenatale presso Fondazione MBBM (Az. Osp. S. Gerardo Monza) e presso il CAM - ha illustrato come, dopo l’introduzione dell’NIPT, si sia registrata una significativa riduzione delle donne che ricorrono a esami invasivi quali amniocentesi e villocentesi. “L’aumento dell’età materna a cui si è assistito negli ultimi anni -ha spiegato la specialista- è strettamente connesso all’incremento del rischio di anomalie cromosomiche fetali. In particolare, dopo i trentacinque anni aumenta la probabilità di errori genetici nel feto rilevabili attraverso l’NIPT.L’aspetto rivoluzionario di questo test di screening riguarda la riduzione del numero di falsi positivi rispetto al Test combinato, con la conseguente diminuzione del numero di donne che si sottopongono inutilmente a esami invasivi come amniocentesi e villocentesi”.

Verderio ha poi sollevato un aspetto fondamentale, spesso lasciato in secondo piano, che riguarda la necessità da parte dei ginecologi di fornire alle gestanti un counseling appropriato, che contempli informazioni complete sui test prenatali, compreso il perché vengono eseguiti, a chi sono dedicati e quali sono i periodi gestazionali corretti per effettuarli.

Al convegno è intervenuto Vincenzo Cirigliano - Direttore del Laboratorio di Genetica Molecolare Labco Diagnostics Barcelona -, che si è concentrato sui plus di neoBona quale nuova generazione di test nella Diagnosi Prenatale. Sviluppato integrando le nuove tecnologie di Illumina -leader mondiale nel sequenziamento del DNA - e l’esperienza di Labco - riferimento europeo nel campo della Diagnosi Prenatale-, il test neoBona rappresenta una radicale evoluzione delle precedenti metodiche per rilevare il rischio di anomalie cromosomiche nel feto. “Grazie alla nuova tecnologia, a differenza degli altri test prenatali non invasivi (NIPT) - ha spiegato Cirigliano - con neoBona l’analisi del campione viene realizzata tramite sequenziamento massivo parallelo con letture del DNA di tipo paired-end (letture accoppiate) invece di letture single-end. Questa evoluzione tecnologica, in aggiunta a un nuovo algoritmo nello studio bioinformatico dei dati, migliora l’attendibilità del test. Solo neoBona, infatti, aggiunge al sequenziamento massivo la definizione della frazione fetale, distinguendo il DNA del nascituro da quello di origine materna con questa metodica innovativa ed esclusiva, che garantisce una maggior affidabilità del risultato finale”.

NeoBona consente di rilevare il rischio delle più frequenti trisomie fetali - trisomia 21 o Sindrome di Down, trisomia 18 o Sindrome di Edwards e trisomia 13 o Sindrome di Patau -, permette di rilevare il sesso del feto e il rischio di eventuali alterazioni dei cromosomi sessuali. Rispetto ai tradizionali test di screening, consente di evitare un gran numero di approfondimenti invasivi (con rischio di aborto) non necessari, poiché ha un tasso di falsi positivi inferiore allo 0,1% (contro il 5% del test combinato del primo trimestre). Privo di rischi per la madre e per il feto, poiché si basa su un piccolo campione di sangue materno ottenuto tramite un tradizionale prelievo, neoBona è indicato dalla decima settimana di gestazione e può essere eseguito anche in caso di riproduzione assistita, compresa la fecondazione in vitro per ovodonazione e in caso di gravidanza gemellare.

Dopo gli interventi di Armando Pintucci - Dirigente Medico D.M.I U.O. Carate Brianza-Giussano Specialista in Ostetricia e Ginecologia Servizio di Diagnosi Prenatale Certif. Fetal Medicine Foundation - e Lamberto Camurri -Specialista in Genetica Umana e Genetica Applicata Laboratorio Genetica Medica, RDI, Rete Diagnostica Italiana, Padova Istituto di Genetica Medica, Università di Roma Tor Vergata -, Irene Martini -Biologa Embriologa Docente presso l’Università Sapienza - ha illustrato alla platea la delicata fase dello sviluppo embrionale sotto il profilo del dialogo tra DNA fetale e materno e come questa relazione influenzi reciprocamente feto e corpo della madre.