Ucid: una serata interreligiosa nella Sinagoga di Milano

MONZA - Incontri interessanti ne fa davvero tanti. Ma l'Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) di Monza e Brianza settimana scorsa ha vissuto un'esperienza unica con la visita in Sinagoga e la cena con il Rabbino Capo Rav Pedatzur Arbib

Visitare una sinagoga e cenare con un rabbino non è certo cosa da tutti i giorni. Una serata prestigiosa e indimenticabile quella vissuta dai soci dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) di Monza e Brianza che giovedì sono stati ospiti a Milano della comunità ebraica di via della Guastalla.

Una serata insieme al Rabbino Capo Rav Pedatzur Arbib che dopo aver aperto le porte della Sinagoga nel cuore di Milano ha illustrato la storia e le tradizioni del popolo ebraico rispondendo alle numerose curiosità degli ospiti. Una serata iniziata con un aperitivo in tipico stile “kasher” e poi proseguita con la visita del Tempio. Un tempio che risale all’Ottocento ma che è stato sottoposto a diversi interventi di restauro, gli ultimi negli anni Novanta.

“La comunità ebraica milanese è tra le più giovani in Italia – ha spiegato – Il primo tempio a Milano è quello di via Della Stampa, ricavato inizialmente nella casa del Rabbino, per poi svilupparsi e ampliarsi nel corso del tempo”.

A Milano gli ebrei sono circa 8 mila, seconda comunità dopo quella di Roma. Ben più piccole rispetto alle grandi comunità presenti in Europa, soprattutto a Parigi e a Londra. 

Un tuffo nella storia, nelle tradizioni e soprattutto nella cultura e nella quotidianità del popolo ebraico quella regalata dal Rabbino Capo agli ospiti brianzoli. Rav Pedatzur Arbib ha spiegato le regole principali della religione, l’organizzazione interna del Tempio, della società e in particolare della famiglia, ripercorrendo anche – ma solo marginalmente – il dramma della Shoah che ha visto lo sterminio di milioni di ebrei e la diaspora dalla propria terra. 

Grande l’interesse soprattutto quando ha illustrato le ferree regole all’interno della società ebraica. “Un vecchio ebreo russo vissuto a lungo a Milano diceva che in una comunità ebraica se sei povero non ti fanno morire ma sei ricco non ti fanno vivere – ha spiegato – C’è una grande solidarietà interna, il ricco sa che deve dare, che deve aiutare”. Tra gli aspetti fondanti anche quello della cultura. “Studiare non è una scelta ma fa parte della vita ebraica – ha precisato – Lo studio è di fondamentale importanza e il Rabbino è uno studioso che deve insegnare”. La centralità del sapere e della conoscenza sono state espresse perfettamente da un altro aneddoto raccontato dal Rabbino Capo “l’ambizione del ricco ebreo polacco è che la figlia sposasse un uomo studioso”.

Sfatando anche stereotipi intorno al popolo d’Israele. “In primis quello sulla ricchezza. Non tutti gli ebrei sono ricchi. La ricchezza non viene demonizzata ma il ricco sa che deve dare alla comunità”. Altra idea diffusa ma non veritiera è quella dell’unità. “Il popolo ebraico ha un profondo senso di appartenenza – ha precisato – Ma anche una straordinaria capacità di litigare su qualsiasi cosa”.

Un tuffo in una storia millenaria e in una cultura tanto diversa dalla nostra e molto affascinante che ha catalizzato l’attenzione degli ospiti che al termine della visita in Sinagoga si sono riuniti in un’altra sala per la cena “kasher”  introdotta dalla duplice benedizione: quella ebraica del Rabbino e quella cattolica di Monsignor Silvano Provasi.

Numerose  le domande al termine della cena: i rapporti con Israele, le regole pratiche che ogni giorno gli ebrei devono rispettare e la condizione della donna. Con una concezione di differenza tra i due sessi, tra loro comunque complementari. Con una divisione anche fisica all’interno della Sinagoga, con ruoli ben distinti anche se, sempre più spesso, importanti cariche  accademiche vengono ricoperte dalle donne. 


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