Brexit: secondo gli artigiani Londra resta nella Ue. Ma loro vorrebbero uscire
MONZA - Un'indagine sulla Brexit condotta in forma anonima dall'Unione Artigiani, rivela che le piccole e medie imprese brianzole pronosticano la permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Europea. I nostri artigiani, però, sognano che sia l'Italia ad uscire
A poche ore dalla chiusura delle urne dell'atteso referendum sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea (si vota fino alle 22 inglesi, le 23 in Italia), indagine dell'Unione Artigiani Mb. Per il 54,2% dei piccoli imprenditori, gli inglesi voteranno per restare. Se però la consultazione avvenisse nel nostro Paese, il 53,4% si esprimerebbe per uscire. Sotto accusa burocrazia e costi della politica Ue.
Secondo i piccoli imprenditori, che in 381 hanno risposto a un’indagine on line anonima e su base volontaria, i britannici voteranno per restare in seno all’Unione Europea per il 54,2% contro il 45,8%.
Se il Regno Unito però dovesse decidere di lasciare l’Ue, secondo il 47,7% degli artigiani questa scelta comporterebbe una flessione dell’economia continentale. Per il 21,1% tutto resterebbe com’è; per il 17,5% ci sarebbero positivi benefici, mentre per il restante 13,7% assisteremmo a una pesante crisi economica.
Più nel particolare, con riguardo alla propria attività, l’eventuale uscita degli inglesi dall’Ue non cambierebbe nulla per il 70,2%. Sarebbe negativa e foriera di crisi aziendale per il 19,7%. Positiva e consentirebbe all’impresa di crescere, invece, per il 10,1%.
E se si votasse in Italia per un analogo referendum? Il 53,4% degli artigiani di Monza e Brianza sarebbe favorevole a lasciare l’Unione Europea contro il 43%. Non andrebbe a votare il 3,6%.
“Questa opinione – commenta il segretario generale dell’Unione Artigiani, Marco Accornero – ci dà la dimensione di come l’Ue venga percepita dai nostri artigiani più come problema piuttosto che come opportunità. Un giudizio triste, che però richiama all’esigenza urgente di ritrovare quello spirito comunitario europeo che evidentemente, non solo tra gli artigiani milanesi, ma in gran parte d’Europa, è andato scemando in questi anni”.
Alla domanda su quale sarebbe la principale causa che li porterebbe a votare per l’uscita dall’Unione Europea del nostro Paese, gli artigiani mettono al primo posto la burocrazia e le regole imposte da Bruxelles (47,3%) che, sommate alla critica sui costi della politica europea (11,5%), fotografano con il 58,8% la pessima opinione che i nostri imprenditori hanno sull’organizzazione comunitaria. La debolezza del nostro governo ai tavoli europei (37,6%) è l’altra ragione per cui gli artigiani voterebbero per l’autonomia italiana, mentre la libera circolazione delle persone, senza frontiere nazionali, all’interno dell’Ue sembra non costituire un problema impellente (3,6%).
Se l’Italia decidesse di uscire dall’Ue, secondo il 48,5% dei partecipanti all’indagine l’economia nostrana ne beneficerebbe molto. Di contro, per il 41,4% assisteremmo a conseguenze negative pesanti, mentre per il restante 10,1% tutto rimarrebbe invariato.
Infine, con riguardo alla propria attività, per il 49,1% dei nostri artigiani l’abbandono italiano dell’Ue non cambierebbe nulla nella vita aziendale. Per il 28,3 l’ipotesi “Italexit” sarebbe negativa e metterebbe in crisi l’impresa, mentre per il 22,6% sarebbe positiva e la farebbe crescere.
“La nostra indagine – conclude Accornero – ci induce a sottolineare la necessità di rivalutare i tanti lati positivi dell’Unione Europea, in primis quello della libera circolazione delle merci e delle persone, rispetto ai temi critici, che però vanno affrontati e possibilmente ridotti se non risolti, riguardanti l’asfissiante burocrazia comunitaria che, tradotta nelle singole legislazioni nazionali, produce un effetto nocivo sulle attività economiche e sulla vita quotidiana dei cittadini. Per non parlare dei costi dell’apparato e del “potere contrattuale” più forte che alcuni Paesi come la Germania hanno rispetto ad altri, tra cui l’Italia. L’opportunità offerta dal referendum del Regno Unito, comunque andrà, è quella di mettere mano a delle riforme apprezzabili anche in Europa, senza più limitarci a dover ottemperare in maniera univoca alle richieste di riforma formulate dall’Unione Europea ai singoli Stati”.