Briantea84: Dolfin saluta Rio e pensa già a Tokyo 2020
SEVESO - E' finita l'avventura paralimpica di Marco Dolfin, atleta della Briantea84, sceso in vasca in questi giorni all'Olympic Aquatics Stadium. Per lui un'esperienza emozionante ma anche un po' di rammarico per la medaglia che gli è sfuggita nei 100 rana. La sua mente, però, è già proiettata a Tokyo 2020
Saluta la sua Rio, Marco Dolfin, con i 400 stile S6, la gara che apre i titoli di coda di questa prima e indimenticabile Paralimpiade. Il cronometro si è fermato sul 6’00”87, 8 vasche per dare l’ultimo e caloroso abbraccio alla magia dell’Olympic Aquatics Stadium. A soli due giorni dallo storico quarto posto assoluto nella sua specialità regina, i 100 rana SB5, valso l’accesso di diritto al Club Paralimpico con tutti i medagliati di sempre, fare un bilancio oggettivo è forse troppo prematuro. Certo è, che a Rio come sempre, Dolfin ha incantato tutti, con quel suo modo straordinario di essere, un chirurgo campione del nuoto, campione di umiltà, determinazione e forza. E la mente di questo grande sognatore va già oltre, a Tokyo 2020…
“Avessi visto questi risultati più di un anno ci avrei sicuramento messo la firma – ha commentato Dolfin -, rimane ovviamente un po’ di amaro in bocca per quel quarto posto. Sinceramente, speravo di togliermi qualche soddisfazione nei 200 misti, senza sperare in finali, ma anche solo a livello cronometrico. Credo che la medaglia sfiorata sia uno stimolo in più per andare avanti e fare ancora meglio, adesso la batosta si fa sentire. Dopo un po’ di pausa dell’acqua e aver staccato la spina faremo sicuramente il punto della situazione, anche con Alessandro (Pezzani, ndr)”.
Una carriera in crescendo, dal 2013 a oggi affidata alla guida tecnica di Alessandro Pezzani: nel 2015 la prima esperienza in azzurro al Meeting di Berlino con la Nazionale Finp (Federazione italiana nuoto paralimpico), poi, a Maggio 2016 il bronzo nei 100 rana agli Europei di Funchal, fino alla tanto sognata qualificazione ai Giochi di Rio 2016.
“Ci tenevo a chiudere in modo degno, dopo la figuraccia di ieri dovevo necessariamente rimediare. È capitato più volte, ci scherzo con mia moglie, ma quando ci proviamo a vivere qualcosa di bello poi la batosta è subito dietro l’angolo. Tireremo fuori qualcosa di buono anche da questa esperienza, che al di là di tutto è stata bellissima. Il nuoto è uno sport individuale ma dietro c’è un grandissimo lavoro di squadra, i sacrifici non sono solo miei ma di tutte le persone che hanno intrapreso questo percorso con me, mia moglie, la mia famiglia, il mio allenatore e la sua famiglia: io spero di averli ripagati tutti in maniera abbastanza degna.
“Sono stato sommerso da un affetto inaspettato: una curva meravigliosa che mi ha seguito fin qui e tantissime persone che da casa mi hanno scritto messaggi e hanno tifato per me. Sono stato abbastanza lontano dai social, ma quello che ho visto e che mi hanno raccontato ha senza dubbio un valore immenso. Parenti, amici, colleghi dell’ospedale ma anche persone che non conosco personalmente mi hanno regalato una carica incredibile, è stato meraviglioso e vorrei ringraziare tutti, conoscenti e non. Avrei voluto che anche i miei figli vivessero questa esperienza ma la distanza e l’età ci hanno fatto preferire di non coinvolgerli. Certo, a sei anni (Tokyo 2020, ndr) potrebbero comprenderla un pochino meglio, ma ora è presto per fare troppi calcoli…”.
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