Sinistra e Ambiente e la diossina: "Seveso +40... la memoria è corta"

SEVESO - Un incontro che ha lasciato un po' l'amaro in bocca a qualcuno: è quello del 28 maggio, giorno in cui l'amministrazione comunale ha invitato alcuni cittadini a ripercorrere la vicenda diossina con le loro testimonianze. Ma per Sinistra e Ambiente è stata solo una versione superficiale e di parte

Per l'amministrazione comunale di Seveso si è trattato di un'ottima iniziativa, con i cittadini chiamati a fare memoria dell'evento diossina a quarant'anni di distanza dal disastro dell'Icmesa. Ma il gruppo ambientalista di Sinistra e Ambiente, che ha partecipato, all'incontro del 28 maggio, ha qualcosa da ridire.

Pur riconoscendo che l'argomento diossina sia sempre spinoso e difficile da trattare, Sinistra e Ambiente rileva che è stato un incontro un po' troppo limitato e di parte, con una ricostruzione degli eventi piuttosto superficiale. Il perché è spiegato direttamente nel comunicato che ci è stato inviato:


A Seveso sono in corso una serie di iniziative ideate dall’amministrazione comunale in collaborazione con la FLA, l’Agenzia Innova 21, Legambiente Lombardia e con il supporto della Fondazione Cariplo. Seveso +40 è il titolo generale di questi incontri pensati per la “celebrazione” del quarantennale del disastro diossina TCDD dell'Icmesa di Meda.

All'incontro di sabato 28 maggio, "40 anni di Storia, storie di 40 anni" realizzato nella sede sevesina del Parco Regionale del Bosco delle Querce sono state chiamate singole donne e uomini a raccontare la loro storia e i loro ricordi di ciò che allora accadde. Invitati anche (ma non come testimoni relatori) Alberto Colombo e Gianni Del Pero, uomini oggi – allora ragazzi - a conoscenza di quanto allora avvenuto nonché appartenenti a gruppi ambientalisti presenti sul territorio (coordinamento ambientalista Insieme in Rete e Wwf).

E' indubbio che il disastro Icmesa e diossina sia ancora oggi argomento delicato da trattare per tutte le implicazioni emotive, sulla salute, sull'ambiente, sul tessuto sociale e sul territorio che esso causò. Qualcosa quindi che a nostro avviso non può essere confinato nella "celebrazione" di un "anniversario" perché questo capitolo non può essere considerato chiuso sopratutto per il fatto che la diossina TCDD risulta ancora contaminare parti del suolo dei nostri comuni ed è nel sangue di chi, non per sua volontà, ne venne in contatto.

L'incontro ha fatto emergere una ricostruzione degli eventi limitata e, a nostro parere, troppo tesa a superare, andare oltre, come se la questione possa dirsi oggi risolta. Una impostazione che oltretutto ha focalizzato particolarmente il ruolo e l’atteggiamento tenuto da parte della comunità cattolica sin dal 1976, dando l’impressione di considerare quello come l’unico apporto positivo a seguito del disastro diossina. Certo, ci fu anche questo e anche di questo si deve parlare perché fu parte di quegli anni. 
Però, nella complessità di quegli accadimenti, non è solo e non è l’elemento unico per comprendere e trasmettere la “vicenda Diossina” e avere coscienza dei punti oscuri o perlomeno controversi associati. 

Dopo molti anni, per evitare offuscamenti volontari e involontari, sarebbe importante ricordare anche quella che fu la cronaca con le sue evidenze, con i momenti concitati, i ritardi delle Istituzioni e degli Enti preposti ai controlli, le contrapposizioni, le responsabilità, la sfiducia, la paura ma anche il desiderio e la volontà di essere informati per poter valutare senza subire decisioni affrettate o comode. Proprio attorno a tutti questi fattori, altri soggetti della comunità locale e non, furono parte degli avvenimenti e della storia di quei giorni drammatici. 

Il 28 maggio non sono state quindi sufficienti le testimonianze di Alessandro Meroni del Wwf e di Gabriele Galbiati di Legambiente circolo Laura Conti di Seveso a compensare questo disequilibrio. La narrazione non può ignorare tutti quei soggetti che in quegli anni agirono e operarono sia per denunciare le responsabilità colpevoli della Givaudan-La Roche sia per informare e cercare di rendere edotti e consapevoli i cittadini del rischio che stavano correndo. 

Si deve ricordare quella che era la pericolosità della produzione chimica dell’ICMESA, ottenuta in una fabbrica con un impiantistica obsoleta e priva di dispositivi di contenimento e di sicurezza. Si deve ricordare che la fuoriuscita della diossina TCDD fu resa nota con colpevole ritardo, esponendo nel frattempo molti cittadini al contatto con il potente tossico.
Si deve raccontare dei tentativi di minimizzare e dell'opacità rispetto alle informazioni sui reali livelli d'inquinamento, sulle dubbie perimetrazioni delle zone A, B, R che escludevano parti densamente abitate, sui dubbi su cosa venisse effettivamente prodotto nell’Icmesa. 

Si deve raccontare di progetti, per fortuna sventati, che volevano la costruzione di un forno inceneritore in loco, inizialmente approvato dal CC di Seveso (delibera poi annullata per la pressione esercitata della cittadinanza), per poter bruciare tutto quello che risultava contaminato. Sarebbe stata una scelta sciagurata , tecnicamente pericolosa perché avrebbe accresciuto il rischio invece di risolverlo. L’inceneritore non fu poi realizzato per la grande e responsabile opposizione dei cittadini, culminata con l’adesione popolare alla riuscita manifestazione del 14-5-1977 che mise definitivamente la parola fine al dissennato progetto. Determinante fu il circolare di una informazione corretta che fu offerta alla popolazione da gruppi attivi sul territorio. 

Su quella e su altre pesanti criticità operò il Comitato Tecnico Scientifico Popolare, cui diedero il loro apporto e la loro collaborazione tecnici, chimici, medici, epidemologi (G. Maccacaro, L. Mara, F. Berrino, G. Tognoni etc) per la diffusione delle informazioni, del sapere e delle conoscenze tra la cittadinanza colpita dalla diossina TCDD. 

Imprescindibile fu anche l’apporto dato al nostro territorio da parte di Barry Commoner e di Laura Conti. Essi aiutarono a denunciare i rischi per l'ambiente e i viventi, animali e umani, determinati dal primato distorto del progresso e della chimica che tutto fa e tutto può nel nome del solo profitto e riferendo «della mancanza di controlli pubblici contro lo strapotere degli interessi privati, dell’impotenza della pubblica amministrazione di un paese, pur industriale e civile, come l’Italia, di fronte a un disastro ecologico imprevisto, ma non imprevedibile» (cit di L. Conti). 
Ricordando quegli anni è necessario parlare anche della sofferenza delle donne attanagliate dal dubbio, in una situazione di pericolo oggettivo, se portare o meno a termine le loro gravidanze ricorrendo all'aborto terapeutico così come le preoccupazioni e il rischio che incombeva tra chi non venne evacuato ma era sul confine di zone pesantemente contaminate, come se esistesse una demarcazione netta tra zona inquinata e zona pulita determinata dalla ricaduta "intelligente" della TCDD mentre poi la realtà era di morie di animali e casi di cloracne registrati anche al di fuori della perimetrazione ufficiale delle aree A, B, R. 

Non si deve genericamente "voltare pagina" perchè ciò che è accaduto il 10 luglio di 40 anni fa ha lasciato l'eredità pesante di un aumento di alcune tipologie di tumori ma sopratutto la presenza del potente tossico nel sangue di molti di coloro che furono esposti e nel suolo. Oggi, il rischio non è scomparso, ma si ripropone con il progetto di realizzazione dell'autostrada Pedemontana. Un 'autostrada il cui tracciato attraversa proprio le zone A, B, R dove le analisi del 2008 hanno certificato ancora la presenza di diossina TCDD.  Di nuovo ricompare la subalternità a qualcosa che è considerato “strategico” e perciò ineluttabile a occhi e orecchie istituzionali attente alle “sirene” dello sviluppo ad ogni costo a discapito del territorio e dell’ambiente, anche laddove questo è già stato pesantemente colpito e compromesso.

Così, nel 2008 la maggioranza in Regione Lombardia decide di approvare la proposta di Raffaele Cattaneo (allora Assessore ai Trasporti e ora Presidente del Consiglio Regionale) e di concedere la deroga (tutt’ora vigente) alla precedente norma che imponeva il divieto assoluto di interventi all’interno del “Bosco delle Querce di Seveso e Meda”. Una deroga ad hoc per permettere il passaggio dell’autostrada Pedemontana proprio dove sbancamenti profondi sono da evitare perché sotto il livello di scarifica e sotto la terra nuova riportata c’è ancora la TCDD rilevata nel 2008 dalle analisi chimiche più recenti.  La decisione dello sbancamento del Bosco delle Querce avvenne nelle stanze di Regione Lombardia, con il complice silenzio delle istituzioni locali fino a quando i gruppi ambientalisti nel 2010 – venuti a conoscenza del progetto – dettero l’allarme generando la reazione della gente che nella ricorrenza del 10 luglio 2011 accorse per stringersi in un simbolico abbraccio attorno al minacciato Bosco. Questa reazione indusse Regione Lombardia a ripensare il progetto tutelando parzialmente il Bosco. 

Dunque, anche oggi, come nel passato, solo l’informazione diffusa, la sensibilizzazione, la consapevolezza e la mobilitazione possono contenere queste sciagurate volontà. Anche di questo bisogna parlare così come bisognerà parlare dei risultati delle analisi chimiche della Caratterizzazione del suolo in corso per le aree A, B e R interferite dal tracciato della Pedemontana e così considerare e valutare i potenziali rischi per una popolazione che non può permettersi d'essere nuovamente esposta alla Diossina rimessa in circolo dagli sbancamenti e dalla movimentazione di terra inquinata.

Ecco, tutto questo è stato il disastro Icmesa che non può e non deve essere “seppellito” ma va raccontato nella sua completezza e con le attuali implicazioni legate alla realizzazione dell’inutile autostrada pedemontana nelle aree ancora contaminate da TCDD. Voltare pagina non significa pensare d'essersi lasciati alle spalle qualcosa di insopportabile ma essere più consapevoli.