Idrocarburi nel Lambro: condanna anche in appello, ma per i giudici non c'è dolo

VILLASANTA - La Corte d'Appello di Milano ha riformulato la sentenza del Tribunale di Monza sullo sversamento di idrocarburi nel Lambro avvenuta nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2010. Disastro ambientale ma per colpa, non per dolo.

“Soddisfatti a metà per questa sentenza”. Con queste parole Legambiente Lombardia ha accolto la lettura del dispositivo della sentenza della Corte di Appello di Milano  sullo sversamento di idrocarburi nel Lambro a Villasanta. Avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2010, quando fuoriuscirono 2600 tonnellate di idrocarburi che devastarono il corso d'acqua con danni che si estesero lungo tutto il suo tragitto, arrivando a colpire anche il Po e l'Adriatico.

Ieri la Corte d'Appello, riformando parzialmente quella di primo grado emessa nel 2014 dal Tribunale di Monza, ha pronunciato la condanna per disastro ambientale.

I giudici, tuttavia, rispetto al primo grado hanno stabilito che c'è colpa, ma non dolo. La condanna colpisce dunque sia Giuseppe Tagliabue (1 anno e 8 mesi), amministratore del deposito di Villasanta, sia il custode dell'impianto Giorgio Crespi (1 anno e 6 mesi invece di 5 anni stabiliti dal Tribunale di Monza).

“E' sicuramente positivo – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – che la sentenza abbia individuato i responsabili di uno dei più gravi disastri ambientali che hanno colpito la Lombardia negli ultimi 20 anni. Finalmente sono state attribuite specifiche colpe anche a chi dirigeva la Lombarda Petroli e non solo al custode dell'impianto”.

Quello del 2010 è stato durissimo colpo per il Lambro, un corso d'acqua che già versava in non buone condizioni e che ancora oggi attende politiche di risanamento e rilancio che appaiono lontane dal venire nonostante la sottoscrizione, da parte delle amministrazioni, del Contratto di Fiume.

L'associazione ambientalista, che si è costituita parte civile con gli avvocati Ilaria Ramoni e Sergio Cannavò, non nasconde la propria delusione "per un procedimento che dopo più di 6 anni attende ancora la sentenza definitiva e che nel frattempo ha visto svanire nel nulla alcuni capi di imputazione, come ad esempio quello relativo allo sversamento abusivo, per intervenuta prescrizione e su cui pende l'incertezza dell'effettivo risanamento ambientale del fiume".

“Ci dispiace che questa sentenza sia arrivata dopo così tanti anni – conclude Meggetto – con la conseguenza di vanificare almeno in parte gli sforzi investigativi profusi da forze dell'ordine e magistratura, ma siamo ancora più rammaricati dal fatto che molto probabilmente chi si è stato riconosciuto responsabile di questo tragico inquinamento non sarà mai chiamato a risarcire l'ambiente e la collettività per gli incalcolabili danni arrecati al fiume e ai suoi habitat”.