Il "Trasformista" di Desio tra gli otto truffatori milionari
DESIO - Contattavano i proprietari di immobili di pregio, fingendosi interessati agenti immobiliari con in mano un portafoglio clienti "di spessore". Poi, falsificando documenti, ne acquisivano l'identità fingendo con terzi di essere i reali proprietari. Una volta incassati i soldi, sparivano nel nulla.
C'è anche il "Trasformista", un uomo di 59 anni residente a Desio, tra gli otto italiani coinvolti accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, al falso, alla sostituzione di persona ed all’impiego di denaro di provenienza illecita. Sette sono finiti in manette ieri mattina grazie a un'operazione su vasta scala del Comando provinciale dei Carabinieri di Milano, in esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal Giudice per le indagini preliminari. L'unico ancora da consegnare alla giustizia è proprio il desiano che, secondo gli inquirenti, in questo momento potrebbe trovarsi ai Caraibi nella Repubblica Dominicana. Soprannominato il "Trasformista" dagli inquirenti proprio per la sua abilità nell'assumere aspetti diversi.
Il blitz è scattato ieri mattina all'alba. L’attività, condotta dal Nucleo Investigativo di Milano, ha permesso di ricostruire l’operato di un gruppo criminale che - dal gennaio 2013 al marzo 2016 - ha effettuato 17 compravendite fittizie di immobili di pregio, ubicati in quartieri centrali di Milano, truffando, agli ignari acquirenti, la cifra complessiva di circa 2 milioni di Euro.
Il blitz è scattato ieri mattina all'alba. L’attività, condotta dal Nucleo Investigativo di Milano, ha permesso di ricostruire l’operato di un gruppo criminale che - dal gennaio 2013 al marzo 2016 - ha effettuato 17 compravendite fittizie di immobili di pregio, ubicati in quartieri centrali di Milano, truffando, agli ignari acquirenti, la cifra complessiva di circa 2 milioni di Euro.
Gli indagati, particolarmente abili e conoscitori del mercato immobiliare, approfittavano della buona fede dei proprietari, che avvicinavano proponendo un inesistente portafoglio clienti di facoltosi stranieri interessati all’acquisto. Contestualmente, ingannavano altre persone, ovvero persone interessate all'acquisto. Si presentavano come proprietari, di cui utilizzavano le generalità apponendole su documenti d’identità clonati. L’esca, infine, era la proposta di vendita che si attestava su cifre notevolmente inferiori rispetto al reale valore degli appartamenti.
Gli indagati, molto circospetti e prudenti, una volta giunti al compromesso sparivano dalla circolazione con le cospicue caparre, che utilizzavano (da qui il nome dell'indagine "Re Mida") per acquistare lingotti d’oro in Svizzera.