Foffano, il brianzolo esperto di intelligence: "La guerra contro l'Isis sarà ancora lunga"
VIMERCATE - L'Isis in Libia e in Siria indietreggia. E' la fine di un incubo? Abbiamo posto alcune domande ad Andrea Foffano, esperto di sicurezza e di intelligence, docente di Sicurezza e Intelligence alla scuola di competizione economica di Venezia, nonché autore del libro “L’Isis”
L’Isis indietreggia in Libia e in Siria. Possiamo finalmente dire che l’incubo dell’esercito del califfo è finito? E soprattutto dobbiamo avere paura anche per le nostre agognate vacanze nelle capitali europee oppure nei lidi dell’Africa Settentrionale o del Medio Oriente? Una domanda che giriamo direttamente ad Andrea Foffano, residente a Vimercate, docente di Sicurezza e Intelligence alla scuola di competizione economica di Venezia, nonché autore del libro “L’Isis” che sta riscuotendo un grande successo in tutta Italia
Possiamo tirare un sospiro di sollievo oppure no per il ritiro delle truppe dell'Isis dalla Libia e dalla Siria?
Possiamo dire che la situazione dell’ISIS sul campo di battaglia si sta aggravando notevolmente. Con l’intervento militare russo nel conflitto siriano datato ottobre 2015, lo Stato Islamico ha perso circa il 40% dei suoi territori e il 50% dei suoi effettivi. Attualmente l’organizzazione terroristica sta perdendo il controllo anche delle sue roccaforti in Libia, Siria e Iraq. Se l’offensiva della coalizione anti-Isis dovesse continuare di questo passo, le truppe dello Stato Islamico rischierebbero di andare incontro ad una capitolazione certa.
In dettaglio che cosa sta succedendo?
In Libia gli jihadisti dell’Isis stanno per essere cacciati da Sirte dalle milizie di Misurata, fedeli al governo libico di unità nazionale di al-Sarraj. A febbraio l’esercito regolare iracheno ha conquistato Ramadi, a marzo Tikrit e pochi giorni fa è entrato a sud di Fallujah. In Siria non va meglio: l’esercito siriano di al-Assad e le truppe dell’esercito curdo iracheno stanno chiudendo in una morsa i miliziani di Daesh, che si sono arroccati nella città sunnita di Raqqa. Attualmente il Califfato sopravvive nelle città di Mosul in Iraq e a Raqqa in Siria.
La guerra contro l'Isis è finita oppure come si evolverà?
È ben lontana dall’essere finita. Solamente all’interno di Mosul si calcola vi siano dai 50 ai 70 mila miliziani pronti a difendere la città. Questo dato fa capire immediatamente la portata dello scontro che potrebbe verificarsi. Inoltre, anche se l’Isis venisse sconfitto sul campo, non è improbabile che i gruppi jihadisti rimasti decidano di intraprendere la strada della guerra asimmetrica e a bassa intensità, come da anni sta facendo Al-Qaeda in Iraq e anche altrove, con le sue autobombe e gli attacchi suicidi che colpiscono soprattutto la popolazione civile.
Di che cosa dobbiamo avere paura?
Noi occidentali non dobbiamo avere paura di nulla. Piuttosto dobbiamo essere coscienti che l’eventuale sconfitta dell’Isis in Libia, Siria e Iraq non risolve il problema del terrorismo islamico in Europa. Il fondamentalismo islamico produce odio e attacchi terroristici come quelli che abbiamo visto a Parigi e Bruxelles, perciò va combattuto sia nel Vicino Oriente sia in Europa, con la medesima convinzione e fermezza.
Grandi eventi sportivi internazionali possono essere obiettivi sensibili?
Assolutamente sì. Non dimentichiamo che negli ultimi attacchi terroristici avvenuti a Parigi nel novembre 2015 fu proprio lo Stade de France a essere colpito. Per questo motivo a tutela dell’evento calcistico internazionale è stato dispiegato un presidio di sicurezza adeguato all’evento.
Adesso che si avvicinano le vacanze ci sono altre mete sensibili?
Le località di villeggiatura più esposte sono certamente quelle prossime alle zone in cui l’Isis è ancora in attività. Ma in questo caso invito tutti i lettori a considerare i comunicati e le indicazioni fornite dalla Farnesina, sempre precise e puntuali. Prudenza sì, ma allarmismo no.
Come possiamo eventualmente difenderci?
Per difenderci dall’ISIS e dal terrorismo islamico dobbiamo tutti quanti fare una riflessione univoca come comunità: l’odio e la violenza sono da combattere tutti insieme. Prima di tutto bisogna informarsi su cosa sia l’ISIS e perché sia pericoloso. Dopodiché occorre una ferma condanna al terrorismo da parte di ognuno di noi, indipendentemente dal proprio credo religioso. In questo modo si impedisce al germe del terrorismo di radicarsi e crescere nella nostra società. Sul piano operativo è vitale investire nella prevenzione: si calcola che le brigate internazionali di Daesh siano composte da circa 200 unità dislocate in tutta Europa. L’unica struttura in grado di assolvere al compito di trovare e catturare queste persone è l’Intelligence, per questo occorre investire sempre di più nell’analisi delle informazioni e nella sicurezza governativa. Fino ad ora i nostri servizi di sicurezza hanno lavorato benissimo e ci hanno protetti da eventuali attacchi terroristici su suolo italiano, ma perché ciò accada anche in futuro io ritengo sia indispensabile che l’Italia investa nella sicurezza, nella strategia e nell’analisi delle informazioni.