Il sogno di Daniela: uno sportello per le vittime di bullismo e per chi è nato in un corpo che non gli appartiene
VIMERCATE - Una donna che ha sofferto parecchio e che ora, proprio in virtù dell'esperienza vissuta prima del cambio di sesso, vuole mettere a disposizione degli altri la sua forza e il suo coraggio per combattere i bulli e chi non è capace di accettare il diverso
“Il mio desiderio è aprire a Monza uno sportello di ascolto e di aiuto per tutti quegli adolescenti omosessuali e transgender che non sanno come affrontare questa fase delicata della loro vita. Non hanno modo di confrontarsi con i compagni di classe dei quali spesso sono vittime di bullismo, non riescono a parlare con i genitori troppo presi dagli impegni e con i quali il dialogo è ridotto ai messaggi con il cellulare, né con gli insegnanti. Certi argomenti sono ancora tabù nelle scuole. E allora accanto alla sofferenza sorge anche l’isolamento, la solitudine, la disperazione e infine l’esasperazione che potrebbe degenerare in gesti estremi. Ma questo sportello deve essere anche punto di riferimento per tutti quei ragazzi fragili e diversamente abili presi di mira dai bulli. Anche per loro la sofferenza è profonda, il disagio e la difficoltà di confrontarsi con una società dove la paura più grande è quella verso il diverso”.
È questo il sogno di Daniela Mori, 46 anni di Vimercate, che invia direttamente alle istituzioni: alla Regione, alla Provincia e al Comune. Oltre che alle scuole, fondamentali alleate in questo progetto a sostegno dei ragazzi.
Daniela è una bella donna: alta, bionda, elegante, dal passo sicuro sui suoi tacchi 12, sorridente, ma dai suoi occhi azzurri traspare anche quella sofferenza che in prima persona ha vissuto sulla sua pelle e per la quale oggi si batte.
Perché quello che lei da adolescente ha provato non vuole assolutamente che lo vivano altri ragazzi: disabili, omosessuali o nati in un corpo che non corrisponde al loro animo.
In questo giorno di festa abbiamo perciò deciso di raccogliere e di condividere con voi lettori la storia di Daniela e la battaglia che sta portando avanti per la difesa di chi, in questa società, è più fragile.
Daniela è nata in realtà Daniele. In una bella famiglia, con solidi valori e soprattutto una grande unione e sensibilità trasmessa dai suoi genitori che l’hanno sempre accettata, amata e accompagnata nel suo percorso di vita fino all’intervento chirurgico.
Ha deciso di raccontarci la sua vita affinché, non solo chi ai vertici delle istituzioni possa capire l’importanza del suo progetto e aiutarla a realizzarlo, ma anche perché i bulli e gli adulti comprendano quel disagio e quelle difficoltà che i compagni di classe e i figli stanno attraversando.
Daniela perché aprire questo sportello?
Purtroppo ci sono ragazzi omosessuali, transgender, disabili vittime di bullismo e che hanno bisogno di aiuto ma non sanno a chi rivolgersi. Il messaggio che voglio prima di tutto inviare ai bulli è che siamo tutti uguali anche se abbiamo fatto una scelta affettiva diversa, dobbiamo essere più rispettosi verso il prossimo e imparare a capire l’anima delle altre persone lasciando a tutti la libertà di amare senza etichette, nella certezza che siamo tutti essere umani creati da Dio.
Daniela come sono state la tua infanzia e la tua adolescenza in quel corpo che non ti apparteneva?
Ho avuto la fortuna di nascere e di crescere in una famiglia meravigliosa, con due genitori che non si sono mai opposti. Fin da bambina amavo giocare con le bambole. Frequentavo solo le bambine. Poi crescendo anche l’abbigliamento è cambiato: abiti neri, jeans attillati, mascara e smalto scuro. I compagni mi schernivano.
Che cosa ti faceva più male?
Le parole. Quando andavo in giro con le amiche venivo etichettata con epiteti offensivi: frocio e ricchione erano all’ordine del giorno.
In famiglia?
I miei genitori mi hanno sempre amata incondizionatamente. Certamente avranno sofferto soprattutto ascoltando i discorsi e i commenti della gente. Ma mi hanno sempre trasmesso amore, affetto e tanto sostegno. Una famiglia semplice: papà operaio alla Falk ha lavorato sodo per mantenere 9 figli, mia mamma casalinga. L’amore, il dialogo, il confronto non sono mai mancati a casa. Quando attorno alla tavola ci riunivamo per la cena.
Hai mai avuto momenti di sconforto?
Si, ho pensato anche al suicidio. Ma a salvarmi, oltre alla mia famiglia, c’è stata anche la musica. Grande fan di Madonna – che un giorno spero di incontrare di persona – quando la sofferenza era profonda mi rintanavo in camera e ascoltavo e cantavo le sue canzoni. Lei è una donna grintosa, che osa.
È stato facile il percorso che ti ha portata a diventare, anche fisicamente, Daniela?
No, ma i miei genitori mi sono sempre stati accanto. Ricordo ancora la rabbia e l’umiliazione quando intorno ai vent’anni andai da una psicologa. Mi disse che ero malata e che avrei dovuto provare ad avere rapporti con le donne. Ma io fin da piccola mi sentivo una bambina e ricordo ancora che le risposi con rabbia “Ma lei andrebbe con una persona del suo stesso sesso?”. Poi anche la grande umiliazione dei 3 giorni del militare …
La situazione è migliorata quando ti sei sottoposta all’intervento?
Beh, le umiliazioni non sono mancate e continuano. Ormai ho imparato a leggere il labiale della gente che sottovoce mi addita come quella che prima era un uomo.
Oltre alla tua famiglia che cosa ti ha aiutato?
La fede. Sono cristiana, cattolica ma non praticante. Ogni giorno prego, dando il buongiorno e la buonanotte a chi purtroppo mi ha lasciato e chiedo a Dio di darmi la forza di andare avanti e di darla anche a chi non ce l’ha.
Che cosa dici ai bulli che prendono di mira i più fragili?
A loro dico: prova ad immaginare se fossi tu al posto di quel ragazzo gay, transgender o disabile. È troppo facile attaccare, ma invece dovete imparare a conoscere chi è diverso e se poi alla fine non mi accetti per quello che sono beh, provocatoriamente risponde mettimi in croce. Le cose che fanno più male a chi è vittima di bullismo sono l’emarginazione, l’isolamento e soprattutto l’indifferenza. Troppo spesso si butta fango addosso agli altri per non per non accettare e riconoscere chi si è veramente.
E ai genitori di un ragazzo che non si riconosce nel suo corpo che cosa dici?
La frase più bella mi ha detto mio papà “Ho una figlia bellissima”. Ai genitori dico di non essere impauriti, di stare accanto ai figli che si sottoporranno all’operazione perché è un viaggio verso la felicità. E soprattutto di ascoltare e di comunicare con i loro ragazzi.
Avresti voluto nascere Daniela?
Io sono Daniela ma sono felice di essere nata in un altro corpo e di avere intrapreso quel percorso che rifarei nuovamente, che mi ha dato la forza di alzarmi, di essere libera, di essere quella che oggi sono. Io sono grata al Signore di tutto ed è per questo che voglio aiutare il prossimo.
Come te lo immagini questo sportello di aiuto?
Non ho ancora pensato a un nome. Deve essere innanzitutto gratuito, un punto di riferimento dove le persone con la mia esperienza possano confrontarsi direttamente con chi l’ha già vissuta per indirizzarli alle strutture, aiutarli psicologicamente, a livello burocratico. Ma c’è bisogno delle istituzioni. E poi, attraverso QuiBrianza, voglio lanciare anche un invito al ministro dell’Istruzione.
Quale?
Chi viene riconosciuto come autore di un atto di bullismo deve essere bocciato. Anche se ha ottimi voti a scuola. Deve ripetere la classe e soprattutto vivere un’esperienza a stretto contatto con quella realtà che ha preso di mira affinché capisca davvero il male che ha fatto. Perché con le sue parole e con le sue azioni rischia di portare al suicidio chi è più debole e indifeso per handicap fisici, mentali o indirizzo sessuale.
Un messaggio importante quello che ci ha lasciato Daniela: ai ragazzi, ai genitori, agli insegnanti. A tutti noi perché impariamo davvero a guardare e rispettare il cuore delle persone.
Barbara Apicella
Vuoi ricevere le notizie nella tua mail? Iscriviti alla newsletter: clicca qui