Cai Bovisio Masciago una lunga storia
Le origini del Cai partono prima della guerra, un gruppo di amici ed escursionisti con l'amore per la montagna. Poi nei decenni, passando per le tappe di una società che stava mutando, si è arrivati al Cai. Una lunga storia che ha profondi sapori, quello dell'amore per le montagne e l'amicizia.
Quando chi fa comunicazione vuole rendere al pubblico l’immagine di una realtà ben definita, solida, consapevole, chiama in causa di solito qualche albero secolare, il tronco robusto, le fronde abbondanti, solidamente ben piantato al suolo e sul mondo. Un’immagine che funziona, e anche assai realistica, specie nelle radici che sanno ben mostrare l’origine, cioè l’inizio, di ogni storia.
Le radici del Cai di Bovisio Masciago sono ben profonde, e anche un po’ indefinite, come tutte le storie che vanno lontane nel tempo.
Il seme di quella che oggi è la sezione cittadina del Club Alpino Italiano è stato gettato nell’Italia “Romana” e fascista degli anni venti e trenta. In realtà, lasciando perdere le autoproclamazioni ridicole e farlocche, quella Italia era una nazione di brava gente, semplice, genuina, appena lasciata in ginocchio da una grande guerra ma ancorata solidamete alla propria tradizione, qui da noi la parrocchia, il bar, i campi, l’artigianato e una nascente industria. Su questo tessuto piombò la cappa di una dittatura ridicola e tragica, ma non abbastanza per cambiare i connotati semplici della base popolare
In una Italia sociale e non social network come quella di allora, incontrarsi era un fatto reale, quindi serviva un posto dove farlo, e questo a Bovisio Masciago, per gli amanti della montagna, era il Gatti, dove sio giocava a carte, si chiacchierava, si faceva quello che si chiama passare bene il proprio tempo. Ma anche, dal Gatti, si parlava e si viveva la montagna. Perché tra quei giovani, forte e intensa girava la voglia di camminare, il senso profondo della passeggiata, giornate di divertimento di allora che alla fine nascondevano quello che per noi, razza poltrona, sarebbero imprese titaniche, cioè lunghi trasferimenti in bicicletta e poi, dagli inizi dei sentieri, via verso le cime, stavolta a piedi.
Il gruppo di appassionati, impresa dopo impresa, si organizza, dandosi anche un nome. Prima quello dei “sempre allegri” (che tanto richiama il “sole in fronte” canzone di quei tempi) poi, in un tono più serio, G.E.B, cioè Gruppo Escursionisti Bovisio. Da questo punto, la storia sociale si fa più solida, tanto che neanche la guerra cancellerà le attività di un gruppo che va cambiando e perdendo magari in qualche volto, ma non il denominatore comune, cioè la passione della montagna in particolare e, in generale, la voglia di andare, fare, vivere, produrre per se’, e gli altri.
I nostri protagonisti di Bovisio Masciago, progressivamente, si costituiscono gruppo come tutti gli agglomerati sociali tendenzialmente fanno, nel solito dualismo fra giovani e anziani che è un vero e proprio volano dialettico, un gioco generazionale che prende nomi tradizionali, i “Burzi”, quelli con pochi anni, e i “Ravana”, cioè quelli che cercano sempre di insegnarti qualcosa, che la sappiano o no, quelli dei te l’avevo detto io, del ai miei tempi...
Tutti insieme, giovani e anziani, si apostrofano come quelli della Burrava. Tutti insieme. Con orgoglio. Fra appartenenza e tradizione.
La guerra passa, il Bel Paese lentamente si ricostruisce, si dà mezzi nuovi. L’Italia diventa più grande e complessa, sia ecoomicamente, sia socialmente, sia culturalmente, come dovrebbe essere naturale in un concetto di reale progresso. Di conseguenza, anche i mezzi messi a disposizione della “Burrava” perché continui a coltiva la passione dei sentieri e delle cime cambiano, crescono, si ampliano.
Migliorano le vie di comunicazione, i trasporti, le opportunità. Si hanno più possibilità in ogni senso, anche quello delle possibilità economiche. Anno dopo anno vengono le opportunità di trasferte più lunghe, sentieri più lontani, vette più ambiziose.
Nei primi anni cinquanta Bovisio Masciago allestisce un bivacco (l’originario a semibotte è stato trasformato in una vera e propria Baita per diciotto persone una quindicina di anni fa) eretto a memoria di Nino Regondi, un appassionato, per sventura “non tornato a baita”, posto all’altitudine di 2600 metri e punto d’appoggio per una buona corona di cime e laghi alpini intorno alla valle di Ollomont, in val D’Aosta.
Proprio in questo periodo, arrivato su una rombante bicicletta proveniente dalle parti di Varese, prende un po’ a fare da chiocciola in gruppo un sacerdote di quelli persi nei tempi andati, che viaggia in motocicletta ed è sempre il primo a proporsi nel fare qualcosa, gli uomini di Dio con la segreta e un po’ persa dore di non imporre un Dio a priori ma di far trovare il suo senso accanto a te lentamente, nascosto nelle cose che si fanno insieme. Qui, da questo punto, la storia del gruppo si fa densa, travolgente, come racconta il bel sito del Cai di Bovisio nascono cose apparentemente laiche ma che hanno saputo alla fine infondere un senso religioso a tutti coloro che partecipavano.
La storia piccola e sociale del gruppo di appassionati delle montagne di Bovisio Masciago diventa qualcos’altro, un sentiero più grande per restare in tema. Nel 1966, nasce la sezione del Cai, che prima s’appoggia all’amica Desio, poi fa da sola.
Ma questi sono già anni vicini ai nostri. E oggi il Cai di Bovisio è una realtà grande. Viva e vera. E se si dovesse trovare un’immagine che la illustri, va proprio bene quella accennata in apertura: una quercia rigogliosa, fatta di rami solidi ma anche di robuste e profonde radici che risalgono a molte generazioni fa…
Le radici del Cai di Bovisio Masciago sono ben profonde, e anche un po’ indefinite, come tutte le storie che vanno lontane nel tempo.
Il seme di quella che oggi è la sezione cittadina del Club Alpino Italiano è stato gettato nell’Italia “Romana” e fascista degli anni venti e trenta. In realtà, lasciando perdere le autoproclamazioni ridicole e farlocche, quella Italia era una nazione di brava gente, semplice, genuina, appena lasciata in ginocchio da una grande guerra ma ancorata solidamete alla propria tradizione, qui da noi la parrocchia, il bar, i campi, l’artigianato e una nascente industria. Su questo tessuto piombò la cappa di una dittatura ridicola e tragica, ma non abbastanza per cambiare i connotati semplici della base popolare
In una Italia sociale e non social network come quella di allora, incontrarsi era un fatto reale, quindi serviva un posto dove farlo, e questo a Bovisio Masciago, per gli amanti della montagna, era il Gatti, dove sio giocava a carte, si chiacchierava, si faceva quello che si chiama passare bene il proprio tempo. Ma anche, dal Gatti, si parlava e si viveva la montagna. Perché tra quei giovani, forte e intensa girava la voglia di camminare, il senso profondo della passeggiata, giornate di divertimento di allora che alla fine nascondevano quello che per noi, razza poltrona, sarebbero imprese titaniche, cioè lunghi trasferimenti in bicicletta e poi, dagli inizi dei sentieri, via verso le cime, stavolta a piedi.
Il gruppo di appassionati, impresa dopo impresa, si organizza, dandosi anche un nome. Prima quello dei “sempre allegri” (che tanto richiama il “sole in fronte” canzone di quei tempi) poi, in un tono più serio, G.E.B, cioè Gruppo Escursionisti Bovisio. Da questo punto, la storia sociale si fa più solida, tanto che neanche la guerra cancellerà le attività di un gruppo che va cambiando e perdendo magari in qualche volto, ma non il denominatore comune, cioè la passione della montagna in particolare e, in generale, la voglia di andare, fare, vivere, produrre per se’, e gli altri.
I nostri protagonisti di Bovisio Masciago, progressivamente, si costituiscono gruppo come tutti gli agglomerati sociali tendenzialmente fanno, nel solito dualismo fra giovani e anziani che è un vero e proprio volano dialettico, un gioco generazionale che prende nomi tradizionali, i “Burzi”, quelli con pochi anni, e i “Ravana”, cioè quelli che cercano sempre di insegnarti qualcosa, che la sappiano o no, quelli dei te l’avevo detto io, del ai miei tempi...
Tutti insieme, giovani e anziani, si apostrofano come quelli della Burrava. Tutti insieme. Con orgoglio. Fra appartenenza e tradizione.
La guerra passa, il Bel Paese lentamente si ricostruisce, si dà mezzi nuovi. L’Italia diventa più grande e complessa, sia ecoomicamente, sia socialmente, sia culturalmente, come dovrebbe essere naturale in un concetto di reale progresso. Di conseguenza, anche i mezzi messi a disposizione della “Burrava” perché continui a coltiva la passione dei sentieri e delle cime cambiano, crescono, si ampliano.
Migliorano le vie di comunicazione, i trasporti, le opportunità. Si hanno più possibilità in ogni senso, anche quello delle possibilità economiche. Anno dopo anno vengono le opportunità di trasferte più lunghe, sentieri più lontani, vette più ambiziose.
Nei primi anni cinquanta Bovisio Masciago allestisce un bivacco (l’originario a semibotte è stato trasformato in una vera e propria Baita per diciotto persone una quindicina di anni fa) eretto a memoria di Nino Regondi, un appassionato, per sventura “non tornato a baita”, posto all’altitudine di 2600 metri e punto d’appoggio per una buona corona di cime e laghi alpini intorno alla valle di Ollomont, in val D’Aosta.
Proprio in questo periodo, arrivato su una rombante bicicletta proveniente dalle parti di Varese, prende un po’ a fare da chiocciola in gruppo un sacerdote di quelli persi nei tempi andati, che viaggia in motocicletta ed è sempre il primo a proporsi nel fare qualcosa, gli uomini di Dio con la segreta e un po’ persa dore di non imporre un Dio a priori ma di far trovare il suo senso accanto a te lentamente, nascosto nelle cose che si fanno insieme. Qui, da questo punto, la storia del gruppo si fa densa, travolgente, come racconta il bel sito del Cai di Bovisio nascono cose apparentemente laiche ma che hanno saputo alla fine infondere un senso religioso a tutti coloro che partecipavano.
La storia piccola e sociale del gruppo di appassionati delle montagne di Bovisio Masciago diventa qualcos’altro, un sentiero più grande per restare in tema. Nel 1966, nasce la sezione del Cai, che prima s’appoggia all’amica Desio, poi fa da sola.
Ma questi sono già anni vicini ai nostri. E oggi il Cai di Bovisio è una realtà grande. Viva e vera. E se si dovesse trovare un’immagine che la illustri, va proprio bene quella accennata in apertura: una quercia rigogliosa, fatta di rami solidi ma anche di robuste e profonde radici che risalgono a molte generazioni fa…